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Il Messia attraverso la Bibbia

Di Henri Persoz

 

Traduzione di Giacomo Tessaro

 

“Christos” in greco vuol dire “unto”, come “Mashiah” in ebraico. Secondo le più antiche tradizioni, l’unzione era una benedizione accordata ai sacerdoti, poi ai re. Ma che rapporto ha con il Cristo?

 

Leggiamo nel Primo Libro di Samuele (10:1) che il profeta versò dell’olio sulla testa di Saul e disse “Il SIGNORE non ti ha forse unto?”. Il “Messia del Signore” divenne così un titolo regale che troviamo di frequente nei Salmi e nei libri di Samuele e che evoca soprattutto il grande re Davide.

 

Dopo il primo periodo monarchico venne la grande catastrofe della cattività babilonese (585 a.C.). Gli esiliati si misero allora a pensare a una restaurazione che avrebbe istituito una nuova monarchia, ancora più gloriosa di quella di Davide. Bisognava guardare al futuro e immaginare che un nuovo Messia avrebbe ristabilito Israele nella sua gloria. Come dice il Salmo 18: “Grandi liberazioni egli [il Signore] accorda al suo re, usa benevolenza verso il suo unto, verso Davide e la sua discendenza in eterno”.

 

Venne poi la liberazione da parte di Ciro (539 a.C.) e il ritorno in patria. Parte degli esiliati si reinstallò a Gerusalemme, ma il re-messia si faceva attendere in quanto i Persiani occupavano tutt’ora Israele. L’attesa messianica si trasformò progressivamente in un sogno, in utopia: non solo sarà restaurato il trono di Davide, ma verrà instaurata una società perfetta e l’umanità vivrà nella pace.

 

Le cose non andarono meglio sotto l’occupazione greca (332 a.C.) e l’utopia dei profeti si evolse in discorso apocalittico. Il popolo si rifugiò in un altro mondo, sempre più immaginario: la restaurazione della comunità di Israele sarà il risultato di un combattimento cosmico tra Yahwè e le Nazioni pagane, alla fine del quale Yahwè verrà riconosciuto come Signore di tutte le Nazioni. Questo combattimento sarà preceduto da giorni oscuri annuncianti una sorte di giudizio ultimo, che permetterà di punire tutti i malvagi. Spesso, nei testi, questi giorni terribili sono accompagnati da un Salvatore divino, che però non è mai annunciato come Messia. Le 39 occorrenze del termine Messia nella Bibbia ebraica non si riferiscono a un salvatore divino ma a un re. Quando si parla di un salvatore è piuttosto il profeta Elia che viene nominato, oppure il Figlio dell’uomo nel libro tardivo di Daniele; in un certo senso, anche il servo sofferente di Isaia 53.

 

All’epoca di Gesù il popolo era esasperato dall’occupazione romana e alcuni attendevano un Messia che avrebbe salvato la situazione. Per alcuni, il Messia avrebbe cacciato i Romani dal paese e restaurato un re, figlio di Davide; per altri, vicini ai Farisei o agli Esseni, il Messia sarebbe disceso dal cielo per inaugurare una nuova era di giustizia e di pace.

 

L’apostolo Paolo si inscrive in quest’ultima corrente apocalittica, ma per lui Gesù Cristo (parola composta, in pratica, da lui) è prima di tutto un Messia che salverà coloro che credono in lui per il fatto di essere morto e resuscitato. È qualcosa di nuovo: il Messia d’Israele doveva venire, ma la sua morte e resurrezione non erano nel programma. Per l’apostolo la venuta del Messia era imminente e sperava di essere ancora in vita in quel giorno.

 

I vangeli utilizzano poco la parola composta Gesù Cristo (sei volte in totale, mentre la sola epistola ai Romani la utilizza ventinove volte). Sembra decisamente che Gesù sia stato reticente a lasciarsi attribuire quel titolo; non lo utilizza mai parlando di se stesso e strapazza Pietro che gli ha detto “Tu sei il Cristo”. Senza dubbio non si riconosceva né nei tratti del Messia delle Scritture né nei tratti del Messia atteso della sua epoca; si attribuiva piuttosto il titolo di Figlio dell’uomo, utilizzato più spesso nei vangeli della parola Cristo.

 

Nei vangeli abbiamo delle tracce della fine del mondo annunciata dal profeta Daniele (Matteo 24), seguita dalla venuta del Figlio dell’uomo nella pienezza della sua gloria. Ma abbiamo soprattutto, con tutte le parabole e i discorsi di Gesù, l’annuncio di un altro Regno, che nascerà dagli sforzi di ciascuno di occuparsi di chi soffre e vive ai margini. L’importante non è che Gesù sia stato il Messia – quale Messia, poi? – ma che abbia proclamato che il Regno atteso non ci verrà dato da un Dio che decide di punto in bianco di capovolgere il mondo, ma dagli sforzi di ciascuno di renderlo migliore.

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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