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Un nuovo Vangelo?

Gilles Le Gall

 

 

Il padre si rallegra quando i suoi figli si rallegrano; non bisogna forse che crescano e che possano prendere la loro strada? Ma quale padre non ha provato la delusione, vissuto la difficoltà (1), conosciuto il malessere? Qualsiasi cosa sia successa, è rimasto padre. Altrimenti non sarebbe padre…

Proporre un Vangelo non dalla parte del Figlio ma dalla parte del padre… interrogarsi sull’antropologia come è stata costruita dalla Bibbia, è chiedere troppo (2)? Mettersi, per una volta, non dalla parte del bruto o dello smarrito ma dalla parte di questo padre che è quello del giardino di Eden: un essere amorevole…

Cosa ci insegnerebbe un tale vangelo? Come verrebbe formulato? Cosa conserverebbe dei Vangeli del Figlio?

 

Nella Bibbia, qual è la figura del Padre? Un padre amorevole nel giardino di Eden; ma un padre che diviene implacabile quando si tratta di castigare l’infedele; è un adepto della “pedagogia nera” (3) perché vuole l’amore di qugli uomini che non cessa di castigare, e questo per il loro bene! Il grande educatore del genere umano quindi, o piuttosto, se comprendiamo questi testi che non dovevano cadere nelle mani di tutti (4), un Dio che cerca di darsi un popolo… : stupefacente, no?

 

Abbiamo finito per afferrare il progetto di coloro che hanno compilato e redatto questi testi (5): bisognava dare un fondamento, nel concerto o nella cacofonia delle nazioni, alla coesione di una comunità, dare agli Ebrei una consistenza che avrebbe permesso loro di sfuggire alle vicissitudini della storia. Per fare questo, gli scribi del VII e del V secolo a.C. hanno creato una saga, messo in opera dei riti e sognato una qualche utopia nella quale Dio ha il ruolo principale. Curioso che questa costruzione sia stata notata così tardivamente. Come mai molti ne sono rimasti così sorpresi, al punto di accusare di blasfemia tutti coloro che se la sono presa con questa figura di Padre amorevole-carnefice? Trattandosi di questa figura che è quella del Padre, forse abbiamo qui l’espressione di qualche nevrosi ossessiva, un modo di ipostatizzare l’ambivalenza delle relazioni tra il figlio e suo padre (6)? Da dove viene il deficit imputato al figlio e chi fa di lui colui attraverso il quale il male è entrato nel mondo – perlomeno se vediamo negli archetipi dell’umanità, Adamo ed Eva, dei figli… -? E perché no, come farà notare qualcuno: il seguito della storia (7) lo dimostra a sufficienza: una lunga sequela di turpitudini, in verità! Da un albero marcio – rincariamo la dose – cosa può venire di buono (8)?

 

L’uomo è capace del peggio, certo, ma infine, ricondurre i propri misfatti, ricondurre tutto della storia di un popolo all’amore geloso di un Padre possessivo, vedere le debolezze dell’uomo solamente in rapporto alla legge voluta dal Padre vuol dire solamente manipolare dei luoghi comuni, vedere tutto solo attraverso il filtro della dottrina; vuol dire, infine, trasformarsi in giudici, diventare disumani; il che, per alcuni, significa darsi una consistenza che di per sé non hanno. Infatti non è forse meglio indicare la pagliuzza nell’occhio del prossimo piuttosto che voler levare la trave dal proprio (9)? E se per questo si ricevono elogi e rispetto, comprendiamo bene il desiderio di diventare specialisti della tradizione, giuristi eminenti… I più grandi disprezzatori dell’umanità non sono i più feroci criminali ma tutti coloro che antepongono l’idea alla carne, tutti coloro che hanno voluto consacrarsi, anima e corpo, a qualche assoluto e sottomettere i loro simili a quell’assoluto (10).

La legge senza dubbio mette un freno a certi comportamenti ma rende anche minorenni gli uomini quando si erige ad assoluto. Nei Vangeli Gesù di Nazareth non ha cessato di denunciarne gli effetti perversi.

 

Non ha voluto respingere i bambini (11), al contrario, li ha valorizzati: cosa stupefacente in una cultura in cui il bambino è considerato come un minorenne, un potenziale peccatore… L’umanità è forse capace di altro che di essere chiamata a lasciarsi modellare dalla legge? Che possa essere così ha fatto ubriacare molti… ha introdotto nel funzionamento della società un fermento che, senza dubbio, si spegnerà solamente quando si spegnerà l’umanità, un fermento inebriante: coloro che hanno pensato di potersi sbarazzare della legge, dimenticando ciò di cui è capace l’uomo, hanno inventato delle nuove tavole… Altri avrebbero pensato che non tutto nella legge è dannoso, che il senso della legge era di essere al servizio dell’uomo e non il contrario: non l’uomo è stato fatto per lo shabbat ma lo shabbat per l’uomo (12).

 

Ma chi è quest’uomo per il quale è stato fatto lo shabbat?  

 

Nei Vangeli del Figlio, il vangelo degli evangelisti, vi sono molte testimonianze del vangelo del padre, del vangelo dell’uomo, del vangelo di Gesù di Nazareth. Il Vangelo del Figlio? Lo troveremo, per esempio, nella figura di Giovanni Battista, che incarna e condensa quello che fu il profetismo dell’Antico Testamento (13), un predicatore del pentimento, l’essenza della spiritualità dei semiti del Medio Oriente (14)? Il vangelo del padre? La parola di Gesù di Nazareth risponderà: io non sono venuto per battezzare gli uomini con l’acqua ma per proclamare lo spirito che nasce dal fuoco della sofferenza.

 

Cosa potrà nascere dall’uomo, una volta che gli sarà tolto tutto?  

 

Chi sarà capace, dopo aver conosciuto la disgrazia, di risollevarsi, ne conserverà le traccie e le cicatrici (15).

 

Ma dei racconti della “resurrezione” si è conservato solo l’aspetto letterale: hanno voluto credere o far credere che questa storia di resurrezione era “reale”, oggettiva. In seguito si inventeranno i santi sudari, i santi o le sante con le stimmate; si trasformeranno le teste o i resti di questi santi in reliquie, si affermeranno i poteri di guarigione legati a quelle ossa, quando non si farà di tutto per suscitare o immaginare apparizioni mariane; la Chiesa confessa così la sua incapacità di venire a capo delle immagini. Da qui ne deriva che oggi è condannata all’impotenza. Il fatto che una storia non sia reale (oggettiva) non vuol dire che non sia vera (16): se prendiamo il racconto di Tommaso che tocca le piaghe del suo maestro (17) dobbiamo intenderlo non come una testimonianza che tenderebbe a dimostrare la materialità dei fatti ma come ciò che risulta dall’esperienza della disgrazia, una volta che la si è attraversata e che tuttavia non se n’è usciti distrutti. La storia di Tommaso in Giovanni non può avere un altro senso, o sarebbe assurda: se si deve prendere questo testo alla lettera bisogna affermare che Giovanni è vittima, come gli altri redattori dei Vangeli, della sua cristolatria. In conclusione, diciamo che i racconti di resurrezione hanno un fondamento del tutto soggettivo: non possono venire che dall’esperienza dei discepoli, quando colui che avevano amato di un amore puro fu loro tolto.

 

Non sono venuto – si fa dire a Gesù di Nazareth – per abolire la legge ma per compierla (18); non avrebbe dovuto dire: perché gli uomini abbiano la vita eterna?  

 

Bisognerebbe allora intendere il Sermone sul monte come un appello a elevarsi verso le cime, là dove ogni cosa può essere contemplata dall’alto. Ecco l’obiettivo, potremmo dire, diventare se stessi come il sole che splende sui buoni e sui cattivi e tu, piccolo mio, non lo raggiungerai senza essere passato per il fuoco della sofferenza. Quanti se la caveranno? Ben pochi, a credere alla parabola del seminatore (19) e soprattutto a quella delle vergini stolte (20)! Si può desiderare la sofferenza per raggiungere quel luogo? La Chiesa non ha mancato di cadere in questo controsenso: la sofferenza deve essere voluta, bisogna imitare la passione di Cristo. Stupisce tuttavia che non abbiano voluto ascoltarlo quando, lui in persona, diceva che non desiderava bere il calice della sofferenza! Hanno preferito negare che l’uomo possa raggiungere una vita giusta e dargli, al posto del pane, pietre come cibo. Vale di più – hanno dovuto dire a se stessi – il potere esercitato su dei burattini, vale di più l’integrità della dottrina che non la pazienza dei giorni: non si compie così la volontà di Dio (21), non si porta fino ai confini del mondo la parola santa? Sempre la solita solfa, il discreto funzionamento di una materia grigia che confonde verità e fanatismo (22), che si nutre solo di vanagloria.

 

Su questo punto, cosa dice il vangelo del padre, il vangelo di Gesù di Nazareth nei Vangeli del Figlio? La parola di Matteo è esemplare (23): in che modo tutti coloro che hanno sofferto perché il regno esista potranno essere rigettati come fardelli inutili, come ciechi tra i ciechi, ciechi che guidano altri ciechi (24)? Si sono contentati di credere e hanno voluto che tutti fossero soggetti al giogo della fede: non hanno capito nulla ma hanno voluto far capire agli altri ciò che loro stessi non avevano capito!

 

Discorsi enigmatici? Già fin dalle origini ci furono delle controversie, che hanno risuonato lungo i secoli: gli uni fanno della fede la sola condizione della salvezza; gli altri aggiungono le opere, o le opere assieme alla fede (25). Ma si dirà con chiarezza, un giorno, che cosa significa questo concetto di fede?

 

La fede: credenza o fiducia, si è finito per soccombere alla cristolatria

 

La fede è forse credenza, credenza nella divinità di Gesù di Nazareth? È forse fiducia, prima di essere credenza; credenza perché fiducia? La fede ha senza dubbio qualcosa a che fare con l’amore che i discepoli hanno provato per il loro maestro. Non è di questo amore che è sorto, come in un grido che fece tremare le fondamenta di questo mondo e lacerare il velo del tempio, l’affermazione che Gesù non era morto? Ma Gesù ha dovuto attraversare gli inferi perché i discepoli comprendessero che egli li aveva partoriti di nuovo (26); quanto era loro caro, al punto di non potersi concepire senza di lui!

 

Dunque? Amore per gli apostoli e fede per gli altri: fiducia nella testimonianza degli apostoli, nella loro parola. La parola di fede nei testi del Nuovo Testamento rimanda alla risposta attesa alla testimonianza dei discepoli: approvazione di fronte alle storie che hanno inventato, come oggi le risposte dell’ecclesia ai discorsi dei predicatori evangelisti. Non bisogna cercare più lontano: le storie di guarigione, tutte le storie in cui appare la parola di fede non sarebbero altro che dei condensati di catechismo, una sorta di vademecum per l’evangelizzazione: che dire a proposito di Gesù il Cristo? Che egli è il padrone dei corpi e degli spiriti (i racconti di guarigione); il padrone degli elementi (la tempesta sul lago); il padrone della vita e della morte (Lazzaro); tale proclamazione non è forse un eccellente prodotto di richiamo (27)?

 

Se è vero che, nel Vangelo di Giovanni, è stato compiuto uno sforzo per distinguere tra il materiale e lo spirituale, è soprattutto l’identità di Gesù di Nazareth che viene interrogata, come nel dialogo con la samaritana che si chiude sulla rivelazione del Messia: “Sono io, io che ti parlo” (28)… Per Giovanni Gesù non è solamente il padrone degli avvenimenti ma di tutti i tempi, “l’alfa e l’omega” (29), il padrone di tutto ciò che è, il Cristo pantocrator.

 

Nello spirito dei redattori dei Vangeli gli uomini e le donne di fede sono coloro che hanno presentito o riconosciuto in Gesù il Cristo, il salvatore di tutti gli uomini: la figura del Messia, il Figlio di Dio! È nata una nuova religione. Il credo perfezionerà il lavoro, si finirà per rinchiudere l’eroe dei Vangeli nel feretro dei suoi titoli.

 

Conclusione

 

Non bisognerebbe resuscitare Gesù di tra i morti, spogliarlo di questo immaginario? Pare che nei Vangeli ci si preoccupi poco delle analisi; la grande domanda verte sull’identità di Gesù di Nazareth. Questa domanda merita l’importanza che le si accorda? Non si giudica un uomo dal colore del cappello! Si smetterà, del resto, di scannarsi su questo punto: quali sono le relazioni tra il Padre e il Figlio? Il Figlio ha la stessa dignità del Padre? Se discende dal Padre, è stato creato o generato? Quale relazione tra l’uomo-Dio e il Dio-uomo? Sono della stessa natura? E sua Madre (30)? In pratica giocano con delle bambole che finiscono poi per gettarsi sul muso, il che la dice forse lunga sulle capacità intellettuali dell’epoca: soprattutto, questo ha preparato il lento declino del cristianesimo (31), oggi divenuto esangue. Si può parlare del Padre eterno quando si ignora cosa vuol dire essere padre? Quanto al Figlio: perché questo accanimento nel volerlo svuotare della sua umanità?

 

No, su tutti questi punti bisogna cambiare angolatura: la questione della sua identità non ha alcuna importanza, e se vogliamo afferrare qualche cosa di ciò che fu Gesù di Nazareth o di ciò che ha detto, se vogliamo giudicare del valore di ciò che si afferma, non c’è altra via che quella che si avrà tratta da se stessi in questa vita.

 

Allegato:

 

Un nuovo vangelo appare oggi necessario, un vangelo non costruito sui fondamenti dell’antropologia ebraica, un’antropologia che fa dell’uomo un essere essenzialmente difettoso. Se non si può eliminare dall’uomo la sua parte di violenza, il fatto di non vedere nell’uomo che un essere difettoso sembra essere all’origine di tutta una retorica in cui non si insiste sul carattere essenzialmente debole dell’uomo che per meglio foggiarlo “a sua immagine”. Numerosi sermoni e omelie vanno in questa direzione, come, nella sua interezza, l’apologetica di Pascal.

 

Per quanto riguarda la preghiera, essa può prendere, sempre secondo questa antropologia, solamente la forma della richiesta o del lamento. Questa maniera di pensare l’uomo costituisce anche la base di tutte le sette: ognuno pulisce il recipiente e ci mette la propria zuppa. È questo il solo modo di domare la bestia? Ma chi dice che l’uomo è una bestia? Nel Vangelo di Giovanni Gesù di Nazareth si intrattiene con una donna di Samaria venuta ad attingere acqua al pozzo di Giacobbe e la provoca: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: « Dammi da bere », tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva” (32). Per attingere a questa sorgente bisognerebbe radicarsi, giocare il gioco della vita, viverla fino in fondo… e conoscere l’esperienza della devastazione, conoscere, attraverso questa esperienza, che un amore puro non può scomparire.

 

Note

 

1. Luca 15

 

2. Cfr. Allegato.

 

3. Alice Miller, “La persecuzione del bambino. Le radici della violenza”.

 

4. Dal che origina l’opposizione, già fin dall’Antichità, a ogni traduzione.

 

5. È sufficiente leggere il “Trattato teologico-politico” di Spinoza; cfr. anche “Le tracce di Mosé. La Bibbia tra storia e mito” di Finkelstein e Silberman.

 

6. Freud, “L’avvenire di un’illusione”.

 

7. La “Storia sacra”? Una storia scritta da un uomo che si riconosce peccatore, da un figlio pentito che non trova altra giustificazione alla sua esistenza che rimettersi alla volontà di un Dio concepito come onnipotente ed esterno alla sua persona.

 

8. Matteo 7:19

 

9. Matteo 7:4

 

10. Matteo 10:28

 

11. Matteo 18:1-3

 

12. Marco 2:27

 

13. L’Antico Testamento? Un torrente di fango che trasporta qualche pepita. Una storia in gran parte riscritta da integralisti. Un documento eccezionale quindi, se si vuole conoscere il pensiero dei disprezzatori dell’umanità.

 

14. Jean Bottéro, “Babylone et la Bible”. Non semplicemente in questa figura, ma in tutti i testi nei quali vediamo emergere una dottrina la cui forma definitiva verrà fissata molto più tardi attraverso una professione di fede, il credo: l’espressione della fede, si dice, la sua esplicitazione. La passione per le idee si è sostituita alla pazienza dei giorni, all’esperienza di un amore puro, all’insegnamento di Gesù di Nazareth.

 

15. L’apparizione di Gesù a Tommaso. E continueranno ad appoggiarsi su questo testo come prova della realtà storica della resurrezione? Evidentemente, non contentarsi di farneticare è molto più difficile.

 

16. Giacobbe, in un’altra occasione, rinvenne zoppo da un sogno (una maniera di dire che, in verità, quest’uomo era già zoppo). Ma da questo sogno si è risollevato: di questa trasformazione, di questa nuova nascita conserverà sempre le traccie. L’angelo del Signore: è la sua morte che Giacobbe ha incontrato. Un sogno non è la realtà ma può esprimere una verità, a proposito della nascita di un uomo, all’occorrenza.

 

17. Giovanni 20:24-30

 

18. Matteo 5:17

 

19. Matteo 13:1-23, per esempio.

 

20. Matteo 25:1-13

 

21. Dostoevskij non si è ingannato su questo punto (la leggenda del Grande Inquisitore nei “Fratelli Karamazov).

 

22. La Chiesa, del resto, l’ha pagata molto cara, ed è giusto così; altrimenti i filosofi non l’avrebbero messa alla berlina.

 

23. “Molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abraamo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, 12 ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Là ci sarà pianto e stridor di denti” Matteo 8:11-12; cfr. anche Giovanni 14:2

 

24. Matteo 15:14

 

25. Un vecchio dibattito, dunque, che esplode nelle Epistole e alimenterà le polemiche sulla grazia, la predestinazione e la libertà.

 

26. Luca 24:13-35

 

27. Oggigiorno ci vergogneremmo di ricorrere a simili trucchi: più sono grossolani, meglio funzionano? Sarebbe ora di riconoscere che, in materia di evangelizzazione, le agevolazioni di un tempo non sono più opportune. Possiamo voler testimoniare dell’importanza che Gesù di Nazareth di per se stesso, essere convinti che quello che egli è stato interpella l’umanità intera: non per questo bisogna far passare delle insensatezze per la verità e incoraggiare la credulità!

 

28. Giovanni 4:26

 

29. Apocalisse 1:18

 

30. Su tutti questi punti cfr. Luis Buñuel “La via lattea”.

 

31. Le bambole sono sempre lì!

 

32. Giovanni 4:10

 

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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