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Celebrare la malattia o guarire?

Il tempio! Il culto! Davvero non abbiamo altra risorsa, davanti a quelle aspettative, che di cercare di far venire l’”altro” al culto domenicale? Se è così, la battaglia e la guerra sono perdute in partenza, perché quelle persone, che attendono dai cristiani delle risposte e delle proposte, non ci verranno. E anche se riusciremo a farle venire, non torneranno!

Ma, diranno alcuni, perché non torneranno? E perché la proposta di assistere al culto non è una risposta pertinente a quelle domande? Il fatto è che oggigiorno nessuno è obbligato, nemmeno moralmente, ad andare al culto o leggere la Bibbia. Il culto, così dicono, è un tempo di insegnamento il cui centro è la predicazione; ci si va per ascoltare. Certamente. Ma attorno alla predicazione, attorno alla proclamazione della Buona Novella c’è… tutto il resto: le preghiere, i canti, l’alternanza di “in piedi-seduti”, tutta quella componente umana che ha senso per un protestante praticante ma che rende perplessi gli altri. Quanto alla tipica accoglienza protestante, riconosciuta come amichevole, personale e simpatica, può dare l’impressione che i rapporti personali abbiano la meglio sulla riflessione.

Così i “ricercatori”, gli “atei-ma-comunque-interessati” non trovano nel tempio un ascolto concreto. Gli adolescenti, i giovani adulti, i genitori, le persone attive, gli artigiani, i commercianti, le persone dalle molte responsabilità non hanno lo stesso spirito di ricerca dei fedeli del culto domenicale. Non sarà possibile la rinascita del cristianesimo se ci si rintanerà nella predicazione. Evidentemente bisogna mantenere il culto, ma bisogna soprattutto costituire dei gruppi, numerosi, vari, magari specializzati, attorno a delle persone-risorse, delle problematiche che uniscano, e tali “squadre” devono essere accompagnate, formate e assistite da pastori provati e persone esperte. Bisogna anche rinunciare al “consenso alla protestante”, per il quale la priorità è non fare torto a nessuno e che schiva accuratamente le discussioni sugli argomenti difficili o polemici, che pretende di parlare soprattutto o esclusivamente dell’Evangelo, invece di parlare in primo luogo di ciò che interessa alla gente e solamente in seguito parlare dell’Evangelo.

Allora, rispondiamo senza timidezza a questa ricerca di consigli, di itinerari e di soluzioni. E diciamo ai nostri contemporanei: “Credo di capire la vostra preoccupazione, e secondo me potreste magari fare così” aggiungendo: “Sapete, se sono in grado di avere questo atteggiamento positivo, è perché c’entra la mia fede cristiana.” In questo ambito i protestanti hanno un’immagine di credibilità, di serietà, di onestà e di rispetto per l’altro che apre loro molte anime: mettiamola in pratica, apriamoci a questa ricerca di senso sempre presente nello spirito dei nostri contemporanei.

Non celebriamo la malattia, lavoriamo piuttosto alla guarigione.

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