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La fede di Gesù

Il vangelo di Luca riporta (5,17-6,11) che all’inizio del suo ministero, Gesù si è trovato a confrontarsi con una impressionante delegazione di farisei, venuti proprio per lui da tutte le regioni di Israele e che, dopo aver disapprovato cinque delle azioni di Gesù “furono pieni di furore e discutevano tra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.”

Si capisce che la maniera di fare di Gesù, che lo condurrà a morte, aveva per lui l’importanza fondamentale dell’autentica unione dell’uomo con Dio.

– Il paralitico disceso dal tetto non aveva chiesto nulla né aveva espresso alcun sentimento. Non si era “pentito dei suoi peccati”. Tuttavia Gesù gli dice: “I tuoi peccati sono perdonati”. Non si sa quali fossero i peccati di quest’uomo. Forse gli stessi nostri. Gesù mostra che ai suoi occhi, Dio gli dà la liberazione dalle sue colpe. Poi pronuncia questa parola magnifica: “Alzati e cammina”, e per quest’uomo paralitico la presenza divina si è fatta dinamismo creatore.

Per i farisei, Dio non perdona così. Bisogna attendere lo Yom Kippur. Ma Gesù perdona in nome di Dio, che non pone condizioni.

– Il pasto presso il pubblicano Levi. Gesù fraternizza con gli infrequentabili e i farisei lo criticano per questo, poiché per loro un figlio di Dio ha il dovere di rispettare le esigenze di purità, non mischiarsi con i peccatori, non mangiare con loro. Ma Gesù si mostra fratello di tutti gli uomini che sono tutti egualmente, ai suoi occhi, figli di Dio, “uomini di buona volontà” come cantavano gli angeli a Natale, o uomini di cattiva volontà, come quelli della casa di Levi, il pubblicano.

– Il digiuno e la preghiera. La terza scena è quella in cui Gesù sostiene i suoi discepoli contro i farisei che rimproverano loro di “mangiare e bere” nell’ora del digiuno e della preghiera. L’evangelista Giovanni situerà proprio all’inizio del ministero di Gesù il gesto da lui compiuto a Cana di cambiare in buon vino per le nozze l’acqua che era stata “destinata alla purificazione dei giudei”. Gesù non predica un Dio rigido, che esige una purità rituale, ma il Dio della vita fraterna tra gli uomini.

– La piccola mietitura. Il giorno di shabbat, i discepoli che hanno fame sfregano nelle mani delle spighe di grano e le mangiano. I farisei rimproverano loro questa mancanza di rispetto per la legge sacrosanta dello shabbat. Ma senza cercare giustificazioni a questa trasgressione, Gesù dà ragione in verità alla libertà interiore dei discepoli, liberati così da ogni regola formalista di fedeltà.

– La mano dell’uomo e lo shabbat. La mano di quest’uomo, la sua mano destra che simboleggia certamente la sua forza vitale è, agli occhi di Gesù, più importante del rispetto dello shabbat di Dio. Perché Dio – lo abbiamo appena visto nell’episodio precedente, ma ripetere una affermazione ne sottolinea il peso – annette più importanza alla qualità di vita di un uomo che a un regolamento rituale.

Gesù chiama l’uomo a mettersi in piedi in mezzo all’assemblea, lui di cui nessuno si occupava, come aveva approvato che sopravvenisse “in mezzo all’assemblea” il paralitico disceso dal tetto. Agli occhi di Dio, dice Gesù, perfino nel giorno di shabbat, non sono i rotoli della Torah che devono essere al centro dell’assemblea, ma l’uomo che ne ha bisogno. Gesù non è il fedele di un Libro, di una Legge (sia pure quella di Dio stesso), di un regolamento (sia pure santo), ma dell’Uomo e della vita.

Per i farisei, dopo queste cinque scene, la cosa è chiara: Gesù non è fedele al Dio dell’integralismo e della purità rituale.

Ma per i cristiani, la buona novella viene così rivelata da un Dio della vita, della compassione, della libertà interiore, del rinnovamento.

Quando i farisei faranno mettere a morte Gesù in nome della loro concezione di Dio, noi diremo che il nostro Dio, il Dio di Gesù è in realtà il Dio della Resurrezione.

Il soffio che emana da questo testo mi seduce, mi incanta, mi libera…mi “salva”.

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