Imparare il plurale

 Jean-Marie de Bourqueney

traduzione Rebeaud JF

Strano paradosso dell’informazione di oggi. Siamo in eccesso di comunicazione al punto di sentire alcuni parlare di « infobesità ». C’è gente che passa più tempo a « comunicare », cioè a raccontare quiello che fa o pensa (si fa per dire…) che non a agire o a pensare realmente. Ci toccherebbe essere informati di tutto, essere maturi nelle nostre convinzioni. Per vederci più chiaro ho interrogato degli adolescenti sulle informazioni recenti, in modo molto generico. Chiaramente ricordavano le ultime catastrofi come anche gli ultimi episodi dello stupido confronto tra due cantanti di rap! Ma sulle cose importanti, essenziali, nulla, vuoto siderale… e tra un anno o due avranno diritto di voto. Però mi dicono di essere « informati ». L’informazione ha cambiato volto: oramai MI informo, scelgo IO l’informazione che m’interessa, quando lo voglio IO, dove voglio IO. Lagardere diceva; « se non venite a me, andrò io a voi ». Era cavaliere, non giornalista… Non riceviamo più l’informazione, la cerchiamo. Com’è possibile allora costruirsi una percezione della realtà non fondata sulla pura subbiettività?

Succede probabilmente la stessa cosa con la religione o la teologia: ciascuno cerca ciò che gli « piace », un placebo o una pillola del benessere o del ben-pensare. È tanto più comodo fabbricarsi un convincimento spiriuale senza porsi domande, o piuttosto senza lascirsi porre domande dal testo, dall’Altro, dall’Inatteso, dal Diverso. Lo spirito critico che rivendichiamo nel nostro mensile funziona nelle due direzioni. Rifiutiamo i dogmi facili che riducono il testo biblico a una catechismo papagallesco. Ma rifiutiamo parimente l’idea che proclama « IO penso, dunque ho ragione IO ». Un mio amico molto poco liberale mi diceva: « Un liberale è qualcuno che pensa a priori che il suo avversario ha ragione… » È QUASI VERO: l’altro, chi che sia, a FORSE ragione. Se non vado alla differenza, la differenza verrà a me!

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