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Cos’è la teologia del processo?

  Questo amico gli parla regolarmente di queste predicazioni appassionanti e il nostro uomo lo ascolta con interesse, ma niente più. Tuttavia è sempre più stupito dall’entusiasmo dell’amico, lo intriga al punto che dice tra sé che dopotutto potrebbe benissimo accompagnarlo una domenica (non fa praticamente nulla la domenica, che del resto non ama). Potrebbe vedere quello che succede, farsi un’idea in prima persona, non fosse che per avere qualcosa di cui parlare con il suo amico dalla passione inesauribile.

Viene al culto. Ascolta le varie voci che si alternano, senza capire del tutto cosa ciò significhi. Trova che certi testi siano abbastanza poetici, altri lo lasciano piuttosto indifferente. Rimane impressionato dalla musica, in particolare dall’organo, una musica che in realtà non gli piace molto, che fa troppo “musica da chiesa”, ma che qui lo colpisce per la sua vitalità e la sua potenza, con tutte quelle note che turbinano e i suoni che si ingarbugliano: tutto questo è quasi vertiginoso. Viene il momento della predicazione. Il pastore parla di una donna (una che si chiama Rachele?) che dà alla luce suo figlio e che morirà e che rifiuta di essere consolata, che non vuole le si dica che la sua pena non è grave e che deve essere cancellata. Il pastore parla della sofferenza, del male, è molto in collera con l’idea di un Dio che ci sacrifica, che ci chiede di sacrificarci. Critica molto anche le Chiese con i loro discorsi moralistici che riducono l’uomo a meno di nulla. Il pastore parla anche molto della bellezza di cui gli uomini e le donne sono capaci, della fiducia che permette loro di dire sì alla vita e di dire no a ciò che ci impedisce di vivere bene. Tutto si mescola un po’. Il nostro uomo è veramente sorpreso da quest’uomo che parla, soprattutto per la sua libertà, lui che non ha paura di dire quello che pensa. Si sorprende anche di se stesso, sorpreso di essersi lasciato interessare e sorprendere…

Ripensandoci a mente fredda, sente di essere rimasto toccato dal fatto che il predicatore sembra essere veramente abitato da una presenza che scorre attraverso la sua parola, una presenza che sembra essere comunicata all’assemblea, per vedere la sua attenzione e la sua concentrazione. Rimane toccato anche dalla sensazione di gentilezza e di benevolenza, una certa bontà che sprigiona dall’atmosfera particolare di quel culto.

Il nostro uomo è trasformato da quella predicazione. Ritorna in chiesa e comincia ad interessarsi a quei testi della Bibbia; trova che raccontino delle storie che gli sembrano molto crude, senza fronzoli, senza alcuna censura. È colpito dal soffio di libertà e di creatività che anima quelle storie e quei personaggi biblici. Partecipa anche più regolarmente al culto. Di domenica in domenica, durante le sue letture, di discussione in discussione, è stimolato da convinzioni, parole e idee che finiscono per farlo riflettere sulla sua propria vita, le sue relazioni con gli altri, il suo passato, le persone che non vede più e anche il suo futuro. Quando vi pone mente, la sua esistenza gli sembra più sostanziosa di prima, meno banale e indifferente. La sua vita gli pare poter essere perfino più rigogliosa, più armoniosa; e forse è già meno meccanica e superficiale.

Proseguendo le sue ricerche, gli avvenimenti della sua storia personale, della sua storia passata, acquistano un altro rilievo. Certi avvenimenti e certe parole risorgono ed escono dall’oblio. Al contrario, certi altri avvenimenti ai quali pensava abbastanza spesso gli sembrano meno importanti, si ritrovano ad essere quasi relativizzati di fronte alle scoperte che fa, soprattutto attraverso la lettura della Bibbia. Tutte quelle storie bibliche, spesso poco credibili, gli aprono degli orizzonti. Scopre in particolare dei nuovi modi di vivere, di pensare la vita, di comportarsi con gli altri, di pensare Dio. Pensa sempre più a quei personaggi biblici che divengono quasi dei compagni di strada, si chiede cosa uno di essi avrebbe fatto al suo posto in questa o quella circostanza. Questo gli apre talvolta delle nuove prospettive e lo rende più audace, più coraggioso, più temerario, quasi.

Da questa compagnia, la sua esistenza si trova trasformata. Si sente come abitato da una realtà, una presenza che lo anima, lo stimola, lo spinge verso l’avvenire e gli chiede di fare delle scelte con un po’ più di rigore e di attenzione rispetto a prima. La sua vita è divenuta più intensa. Sente di esistere di più. Si sente più vero, più realizzato nella vita, più solidale perfino. Prima riconosceva tutto il valore di coloro che si impegnano, si battono, lottano, militano, li ammirava senza per questo sentirsi realmente coinvolto. E da dove cominciare? dove impegnarsi concretamente? La serie infinita dei problemi e la serie infinita delle azioni possibili contribuivano a rendere impossibile ogni impegno. Il fatto di sentirsi ormai appartenente a una comunità e di potervi apportare qualcosa di se stesso gli dà la sensazione di appartenere a un mondo più palpabile, più concreto. Non è più di fronte a una scelta illimitata di azioni possibili, bensì di fronte a quelle di una comunità particolare.

Si sente più esistente e sente anche che Dio esiste. Dio non è più solamente un’idea, un concetto, un principio, ma piuttosto una presenza, una realtà vivente che gli fa sentire più acutamente la sua vita. Attraverso la sua ricerca, il suo interesse per la Bibbia, attraverso la sua fede, Dio esiste. Si è trasformato per lui. Non evoca più le stesse cose. Il nostro uomo sente che questo Dio vivente cammina con lui, lo accompagna nella sua vita, e sente soprattutto che quando partecipa al culto, quando legge la Bibbia, quando medita sulla sua vita e sul mondo, Dio lo stimola e lo abita in maniera diversa, come se lo seguisse nella sua vita, adattandosi a lui, lasciandosi commuovere, stimolato e trasformato da lui. Questo Dio che lo anima e lo stimola, che lo apre al futuro, diventa un attore della sua vita e sembra vibrare lui stesso attraverso la sua esistenza e avere anche lui un altro futuro. Un futuro che non è tracciato per nessuno dei due, un’avventura aperta e stimolante perché non interamente determinata dall’esistente.

Quello che motiva di più il nostro uomo è dirsi che se Dio conta tanto per lui è perché sente di esistere per Dio, perché sa che anche lui conta per Dio. E che se egli conta per Dio, tutto ciò che gli capita, i momenti di felicità che vanno e vengono, le cose che ha fallito e che avrebbe tanto voluto riprendere, tutto questo passa attraverso Dio, si trova in lui. Come se tutti gli elementi fugaci, passeggeri ed effimeri della sua vita si trovassero inscritti in una dimensione altra, fuori dal tempo, quasi eterna, immortale. E percepisce l’importanza che riveste la sua relazione con Dio, per la sua vita, nelle sue relazioni con gli altri, per la sua comunità, per il mondo, poiché trae da questa relazione una nuova energia, un desiderio di creatività, di benevolenza, un desiderio di imbastire delle azioni che rendano il mondo migliore, più soddisfacente, più bello. Dice a se stesso che senza questi atti che umanizzano l’umanità e la vita, che si preoccupano anche del mondo, della natura, degli animali, delle piante, Dio potrebbe essere sconfitto. Come lo è stato per esempio il giorno in cui Gesù è stato rifiutato e crocifisso da gente che non ne voleva sapere della sua predicazione. Sente finalmente, nel più profondo di se stesso, che Dio lo ha ricreato e lo ricrea senza sosta e sente anche, dicendoselo però sottovoce, che questo gli sembra alquanto pretenzioso, che la sua fede in Dio contribuisca anche a creare Dio, a far sì che Dio sia realmente un Dio per lui. Dio e lui, Dio e l’uomo, indissociabili e tuttavia così diversi.

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