Credo

Mi è capitato recentemente tra le mani un testo pubblicato dalla Chiesa Evangelica riformata del canton Zurigo*, che restituisce una ventina di confessioni di fede nel loro contesto storico e teologico, partendo da alcuni testi biblici per arrivare a testi contemporanei. Chiuso il libro, molte domande sorgono non soltanto riguardo alle convinzioni di chi legge, poichè non è possibile aderire a tutte le affermazioni recensite, ma anche riguardo allo stesso concetto di confessione di fede. È veramente ragionevole pensare di poter riassumere Dio in poche frasi, per così dire. E l’esercizio non presenta di per se già i suoi limiti ? Anche aperta e prudente, una dichiarazione relativa alla natura di Dio non può mai essere che una riduzione di ciò che è, per natura, infinito.

Il carattere riduttore della confessione di fede ha per conseguenza di bloccare una cosa chiamata ad evolversi : se resto personalemente convinta che Dio è lo stesso da sempre e per sempre, l’idea che l’uomo si fa di Lui si modifica costantemente appunto perchè non siamo capaci di afferrarne l’immensità. Ora quando il cristiano prende per dogma immutabile ed eterno quello che un giorno ha tenuto per vero, rischia di non più darsi alla ricerca della verità e va a trovarsi nella situazione di chi pensa aver capito un fim di cui invece non ha visto che alcune fotografie. Certo che la confessione di fede va riesaminata e ripresa, ma anche ripresa mille volte non potrà superare i limiti che condizionano le definizioni umane.

Infine, per la stessa ragione, le confessioni di fede si trovano per forza a confronto le une con le altre e diventano occasioni di discordia tra i cristiani, ciascuno restando tentato di considerare il proprio punto di vista come superiore a quello degli altri. La Chiesa ne ha sofferto abbastanza.

Non bisogna pertanto rinunciare ad interrogarsi sulla fede : il pericolo non è nel principio della confessione ma nell’uso che ne va fatto qualora si prenda per espressione della verità quello che ne è soltanto una approssimazione. Significa che il credente non sa e che il cristiano non è chiamato a sapere. Ricordiamo quello che gli autori del nostro testo mettono in risalto nella loro introduzione : «La fede non è enunciata una volta per sempre. Nessuna delle confessioni di fede della storia è quindi destinata a diventare la confessione di fede per eccellenza. Il confrontarsi senza sosta alle confessioni di fede del passato non ci esonera dal compito di scriverne delle nuove, nel dialogo tra la situazione attuale e la Scrittura (Pierre Bühler).»

Ciò non toglie che alcuni testi quali la dichiarazione di fede di Barmen (Germania 1934) o la confessione di Belhar (Sud Africa 1986), opere di cristiani oppositori coraggiosi di regimi miranti a costruire una società sulla esclusione e sul servaggio, fanno onore ai loro autori e alla Chiesa tutta. In effetti al di là di una stretta dogmatica, la confessione di fede mira anche a ricordare alla comunità cristiana il suo dover vivere in un spirito di carità. Altrimente non è che uno squillante cembalo

Don

Pour faire un don, suivez ce lien

À propos Évangile et liberté

.Evangile-et-liberte@evangile-et-liberte.net'

Laisser un commentaire

Ce site utilise Akismet pour réduire les indésirables. En savoir plus sur comment les données de vos commentaires sont utilisées.

En savoir plus sur Évangile et Liberté

Abonnez-vous pour poursuivre la lecture et avoir accès à l’ensemble des archives.

Continue reading