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L’Evangelo liberatore

Di Vincent Defert

 

Vincent Defert ci propone alcune riflessioni sulla dimensione liberatrice dell’Evangelo. Un Evangelo liberatore perché, per chi, come e quando?

 

Traduzione di Giacomo Tessaro

 

Quando degli infelici vengono da Gesù a chiedergli di guarirli, o di guarire le persone a loro care, dopo una fase di discussione Gesù li rimanda dicendo “Va’, ti sia fatto secondo la tua fede”. Nello stesso senso leggiamo in Atti 16:31: “Credi e sarai salvato”. Ciò che Gesù cura in queste persone è la loro anima. Se i nostri atti sono determinati dalle nostre emozioni (etimologicamente: ciò che mette in movimento), queste sono provocate dalla nostra interpretazione, costruita attraverso il prisma delle nostre credenze e di ciò che ci accade. L’approccio terapeutico di Gesù sembra quindi essere essenzialmente quello delle terapie cognitivo-comportamentali, il cui principio è “agite sui vostri pensieri, sulle vostre credenze, questo trasformerà le vostre emozioni e quindi i vostri comportamenti; tali nuove esperienze affineranno o confermeranno le vostre credenze”.

 

Solo Dio è buono

 

Il racconto del giovane ricco (Marco 10:17-22) comincia con una replica sferzante di Gesù: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio”. Chiaramente la perfezione non è di questo mondo. La perfezione nemmeno esiste, è un’illusione pericolosa, un’invenzione degli uomini per tormentare i loro simili. Infatti nemmeno Gesù era perfetto. Non è forse andato in bestia contro i mercanti del tempio? Quale padronanza di sé! Non ha forse fatto prova di razzismo nei confronti della donna cananea? Una cosa squallida per un campione dell’amore! Ecco però che Gesù è evoluto, ha accettato i suoi errori e ha imparato da essi, ed è esattamente quello che ci invita a fare quando ci dice “seguimi”. Considerando la vita di Gesù nella sua globalità prendiamo coscienza anche di un’altra cosa: alla fine non ha fatto altro che accettarsi, anche nei momenti nei quali era per lui difficile. Non ha fatto altro che dare ciò che poteva, quando poteva. Il fatto è che poteva dare molto, ma non pretende che noi facciamo altrettanto, ci chiede solo di essere noi stessi, pienamente e autenticamente noi stessi. E non ci giudica per come siamo: perfino quando i suoi discepoli lo hanno abbandonato nel colmo della tempesta, lui no, non li ha rinnegati. Del resto Gesù dice molto chiaramente alla donna adultera: “”Va’, io non ti giudico”. E se lui non ci giudica, perché dovremmo giudicarci noi? Seguiamolo e smettiamola di essere i nostri peggiori nemici, accettiamoci così come siamo.

 

La via della debolezza

 

I vangeli testimoniano della potenza di Gesù, della sua leadership, dell’ascendente che poteva avere sui suoi contemporanei. Se a queste qualità personali fuori dal comune aggiungiamo la dimensione rivoluzionaria del suo insegnamento capiamo come mai fosse considerato una minaccia dalle autorità religiose della sua epoca. Tuttavia a più riprese Gesù è fuggito per sottrarsi alla vendetta dei notabili. “Il mio tempo non è ancora venuto” ha detto (Giovanni 7:6). E quando il suo tempo è venuto si è lasciato arrestare, condannare, torturare e uccidere. Incomprensibile debolezza! Ma dopo 2.000 anni, cosa rimane dei suoi carnefici? Appena qualche riga in un librone. Gesù invece ispira ancora oggi centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Vive attraverso di loro. Gesù non è il solo ad aver imboccato la via della debolezza: Gandhi, Nelson Mandela e altri l’hanno fatto come lui. Prima che noi ne facessimo dei grandi uomini erano esseri piccoli e fragili messi di fronte a dei poteri schiaccianti, ma alla fine la loro debolezza ha vinto la forza che li opprimeva. Gesù ci dice che non esistono persone senza importanza, “tutti i nostri capelli sono contati”. Dice a proposito dei bambini, deboli e insignificanti: “Il Regno dei Cieli appartiene a chi è come loro”. Per quanto possiamo essere deboli, abbiamo tutti il nostro posto nel mondo e il nostro ruolo da svolgere per farlo evolvere, anche se modestamente.

 

Terapia attraverso l’azione

 

“Va’”, “vieni”, “alzati”, l’Evangelo è punteggiato da queste ingiunzioni ad agire. Da buon terapeuta Gesù sa che non serve a nulla lavorare sulle proprie credenze se non le mettiamo in movimento. La salvezza passa anche per l’azione. L’essere umano fa parte del brulichio dell’universo, non è solo, chi dice azione dice anche interazione e proprio per questo Gesù ci invita ad alzarci e a camminare per trovare il nostro posto, così come siamo, nel movimento del mondo. L’azione instaura così un dinamismo e questo è uno dei grandi insegnamenti di Gesù: non è venuto a fornirci delle ricette già pronte per salvarci, è venuto per metterci in movimento e condurci all’inizio di un cammino che durerà la nostra intera vita, che percorreremo al nostro ritmo, a volte facendo una pausa e a volte accelerando. Poco importa il modo in cui percorriamo il cammino: è il nostro cammino, è unico, non esiste un modo giusto o sbagliato di avanzare, l’importante è camminare, l’importante è essersi messi in movimento. Un mettersi in movimento che ha anche un altro nome: conversione – il movimento di un cuore che si rivolge verso Dio in spirito e verità, al di là dei riti e dei dogmi.

 

Protezione, permesso, potenza

 

In un superbo passo di Matteo (6:25-ss.) Gesù ci invita a mollare la presa e abbandonarci a Dio per liberarci delle nostre preoccupazioni, di cui sottolinea giustamente la vanità: “E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?”. Il maestro dal fardello leggero ci invita anche a non sovraccaricarci: “Basta a ciascun giorno il suo affanno”. Qui Gesù ci invita a rispettare i nostri bisogni e i nostri limiti, a farla finita con la corsa sfrenata del mondo moderno. Una parola di salvezza in un’epoca in cui il burn out colpisce tanta gente. Un po’ più avanti (Matteo 7:7) Gesù ci invita a osare: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”. La potenza liberatrice di questa parola è enorme! Guardate attorno a voi: quante persone si condannano da loro stesse all’infelicità perché non osano? Sono legione! Nel giro di qualche versetto Gesù ci rende certi della benevolenza e della protezione del Padre e ci dà il permesso di liberare la nostra potenza di cambiamento e di compimento.

 

La salvezza è adesso

 

Molta gente ancora oggi spera nel ritorno di Cristo alla fine dei tempi, con le trombe, gli angeli e resurrezioni a ciclo continuo. Le idee di inferno e paradiso, e quindi di punizione o di ricompensa dopo la morte sono ancora saldamente ancorate nell’inconscio collettivo. In questa visione del mondo e della vita non avremmo quindi diritto, durante la nostra vita, ad altro che alla sofferenza… Difficile da comprendere, quando altrove ci viene raccontato un Dio d’amore! Tuttavia, quando leggiamo l’Evangelo, Gesù ci parla sempre al presente: “Vieni”, “Seguimi”! La salvezza è adesso! È durante la nostra vita terrena che dobbiamo lasciarci toccare e curare da Gesù. Dopo sarà troppo tardi! Gesù ce lo dice chiaramente: “Dio è un dio dei vivi e non dei morti”.

 

Se l’Evangelo è liberatore è perché Gesù ci accompagna per aiutarci a realizzarci qui e ora, come esseri umani, trascendendo la nostra debolezza, accettandoci incondizionatamente, avendo fede in Dio e fede in noi, considerando tutto questo come un cammino di vita e non come un fine in sé. L’autentica libertà è camminare verso il compimento. Tutto il resto non è che schiavitù.

 

 

 

 

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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