Il vuoto è divino

Di Jean-Marie de Bourqueney

Traduzione di Giacomo Tessaro

Scena vacanziera: un classico… “Cosa facciamo oggi?”. Io rispondo, non senza audacia: “Niente!”. È vero, è incredibile questa nostra propensione a volere sempre “fare” qualcosa, a riempire ogni istante con un programma, fino allo sfinimento. La nostra sensazione di esistere è molto spesso proporzionale al tasso di utilizzazione del nostro tempo, a tal punto che alcuni, quando visitano un paese, dicono di averlo “fatto”: Cosa hai fatto questa estate? Ho fatto tutta l’Italia. Altro che Cesare!

Senza dubbio, l’agire a oltranza agisce come una sorta di maschera. Ci portiamo dentro la sorda angoscia che, al termine della nostra vita, non ne avremo abbastanza “approfittato”. Ma durante tutto questo, a fianco di cosa siamo passati? Forse, se programmassimo meno, scopriremmo di più. Che parte riserviamo alla sorpresa nella nostra vita? Quale momento della nostra giornata è riservato al silenzio? Forse dovremmo riapprendere la noia, il tempo in cui siamo soli con noi stessi nell’onda delle idee che ci attraversano. Il nostro mondo ci spinge al chiacchiericcio molesto e vuoto. Accendete la TV, capirete di cosa parlo…

Mi capita di rileggere Genesi 1, non come racconto delle origini ma come specchio della nostra condizione umana. Nei momenti di noia mi lascio andare al “tohu bohu” delle idee e delle sensazioni per lasciar schiudere una nuova creazione; forse… Non andiamo troppo in là! Annoiamoci prima di pensare. Esploriamo il vuoto degli istanti, il vuoto che portiamo in noi stessi, il vuoto del silenzio e dell’assenza di immagini prefabbricate e di pensieri prêtes-à-porter.

La spiritualità ci guadagnerebbe ad essere meno chiacchierona, a lasciar fare le cose e il tempo per farci accarezzare dal soffio delicato di una presenza che plana al di sopra del silenzio, qualunque nome vogliamo dargli. E se la spiritualità consistesse nel lasciarsi guardare dalla natura, dagli altri, dall’Altro, gratuitamente, senza scopo? Silenzio, ecco che viene…

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