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La speranza è un desiderio

 Tuttavia noi non abbiamo il monopolio della speranza, che può essere affermata da molti discorsi e ideologie differenti: ecco perché l’approccio che qui propongo parte dall’essere umano, dal suo ambiente, dalla sua realtà e profondità. In poche parole, andremo da una antropologia della speranza a una teologia della speranza.

Confondiamo spesso la speranza terrena, di tutti i giorni, con la speranza cristiana, che tuttavia sono diversissime. Non diciamo forse, quando la situazione è disperata, che “la speranza ci fa tirare avanti”? Questo tipo di speranza prende atto dell’impossibilità umana di agire sul domani. Possiamo riporre la nostra speranza sulle previsioni del tempo di domani, sapendo che il nostro comportamento di domani non influisce sul tempo. Possiamo anche sperare secondo il metodo Coué, autopersuadendoci che domani andrà meglio di oggi. Purtroppo il cristianesimo ha talvolta privilegiato la passività, mantenendo nella miseria interi popoli e facendo luccicare una speranza di Paradiso… domani! Anche certe forme di preghiera possono lasciar credere che “Dio penserà a tutto”. Ma la constatazione, per esempio, di una non guarigione a dispetto dei desideri, delle invocazioni, delle preghiere, diventa ancora più amara. Affermare l’onnipotenza di Dio con il suo complemento, l’impotenza umana, genera senso di colpa e sofferenza: ho pregato male? Cosa ho fatto per “meritare” il mio destino?

Questo tipo di speranza genera anche una forma di procrastinazione, un modo di rimandare a domani ciò che si dovrebbe fare oggi. Il nostro cristianesimo, al contrario, sceglie l’azione da intraprendere per costruire il domani, senza aspettarlo a braccia conserte e con la ragione inerte. Il nostro cristianesimo pone al centro del suo discorso il valore dell’essere umano e la sua possibilità di agire sul futuro: un umanesimo nutrito dalla fede. Il nostro cristianesimo non oppone la bellezza di Dio e della salvezza alla sozzura della nostra condizione umana ma vuole agire perché la fede partecipi alla trasformazione dell’essere umano.
La speranza come antropologia L’essere umano ha un’esistenza propria, non è una marionetta come nel “teatro della gloria di Dio” di Calvino; possiede la capacità di agire e reagire per evolvere in un dato ambiente. La libertà è fondamento dell’umanità e permette a ogni essere umano di distinguersi dagli altri animali. Non ci troviamo nella pura necessità, nella semplice vita di nascita, di nutrimento, di riproduzione e morte; possiamo vivere delle “esperienze” e degli “avvenimenti” e dare loro un senso. Se restiamo passivi di fronte alla vita subiamo la nostra esistenza, il nostro “destino”. La speranza antropologica è proprio ciò che rompe lo schema del “fatum”, del destino di fronte al quale pensiamo di non poter fare altro che chinare la testa; è una rottura, un’apparizione animata dal desiderio di vita.La speranza come teologia Il cristianesimo riprende a suo modo la tematica del desiderio di vita e della trasformazione. Sin dal caos di Genesi 1, che è primordiale ma riflette tutto il caos delle nostre vite, “lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”. In altre parole il testo biblico evoca un Dio che è volontà positiva al di là del caos, un Dio ri-creatore. Potremmo perfino parlare di un Dio che desidera l’umanità, che fa la scelta di relazionarsi senza accontentarsi della sua “aseità”, della sua capacità di bastare a se stesso; egli intraprende una relazione creativa e intima con l’umanità. Il mondo può divenire il teatro della libertà umana. I vangeli seguono questa logica di rottura: Gesù fa degli incontri con persone rinserrate nella loro identità (paralitici, ciechi, peccatori…) e fa esplodere i muri di quelle identità per proporre, a ciascuna e ciascuno, una nuova libertà. Del resto il Gesù dei vangeli è quasi sempre in movimento (“camminando”), come se rifiutasse l’idea di essere statico ovvero riducibile a uno stato, sprovvisto di esistenza e di slancio vitale.

Esiste allora una doppia dimensione nella speranza teologica, personale e umana. La speranza personale è la convinzione della possibilità che ci viene offerta di costruire liberamente la nostra identità, pur condizionata dal nostro percorso di vita. La speranza dell’umanità è non lasciarsi condannare al caos che incombe in ogni istante e costruire positivamente la fraternità umana. Questo è un motore di azione il cui carburante deve essere il nostro desiderio di vita. Io non credo a un essere umano “incapace di per se stesso di fare il bene” (secondo l’espressione tratta dalla confessione di peccato di Calvino).

Io credo a una solidarietà intima di Dio e dell’uomo che non cessa di costruirci e di renderci “autori” della nostra vita. Del resto la parola “autorità”, che noi riconosciamo che una delle funzioni divine, viene dal verbo latino “augere” che significa “aumentare”. La speranza non è nient’altro che aumentare il nostro desiderio, la nostra capacità e la nostra intensità di esistenza!

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