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Etichette

Al di là della semplice aneddotica divertente, la mania di incollare etichette mi sembra pericolosa e antievangelica. Pericolosa perché fa apparire il mondo e gli uomini e le donne che lo popolano in bianco e nero. La riduzione di un essere umano ad una sola caratteristica o ad una sola opinione può essere efficace quando si svolge un sondaggio, ma nella vita reale così facendo non si coglie la sua ricchezza e si inducono fenomeni di violenza e di odio. Guardiamo per esempio il dibattito sul matrimonio omosessuale, o piuttosto l’assenza di dibattito alla quale abbiamo assistito. In autunno sentivo regolarmente delle persone dichiararsi neutrali sull’argomento. Poi, la violenza e l’odio che si sono scatenati nei media, nei social network e per le strade hanno preso il posto di un vero dibattito. Che opinione hanno oggi quegli indecisi? Non lo so, non li ho più sentiti; oggi è impossibile essere altro da “pro” o “contro”. A questo ciascuno di noi è ridotto, ad una etichetta che non dà conto di quello che siamo e nemmeno della somma delle nostre opinioni. Potremmo fare la stessa constatazione in molti altri campi, comprese le nostre Chiese.

Tuttavia, l’Evangelo che noi proclamiamo ci insegna e ci rammenta che noi siamo di più di ciò che facciamo, diciamo e sembriamo. Un giorno Simone il fariseo ha rimproverato Gesù per non aver respinto la donna che stava spandendo profumo sui suoi piedi in quanto era una “peccatrice” (Luca 7:36-50). In un sorprendente dialogo con Simone, Gesù restituisce a quella donna sconosciuta una profondità e una realtà che fa a pezzi l’etichetta che si porta addosso. È impossibile che la donna sia una “peccatrice” perché l’atto d’amore che ha compiuto nei confronti di Gesù non può provenire che dal riconoscimento di essere stata perdonata: “Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama” (versetto 47). Badate bene, non è a causa del suo gesto d’amore che la donna si vede perdonare i peccati da Gesù, altrimenti la frase che segue – “ma colui a cui poco è perdonato, poco ama” – non avrebbe senso. È per il fatto che la donna è perdonata che essa è capace di tali gesti d’amore nei confronti di Gesù.

Bisogna concludere che la mancanza d’amore di Simone proviene da una mancanza di perdono? Questo vorrebbe dire che anche noi appiccichiamo etichette. Quello che si evince chiaramente da questo incontro è altro: il fariseo è fermo in una visione binaria del mondo, nella quale gli esseri umani sono incasellati (secondo lui, ovviamente) nell’una o nell’altra di due categorie: giusti o peccatori, buoni o malvagi. Ne risulta che il perdono non trova spazio nella sua visione del mondo, che riguardi lui o gli altri. Egli è giusto e buono, non ha bisogno di perdono; la donna è peccatrice e malvagia, non merita il perdono. Gesù tenta, con la sua parabola e le sue parole, di scuotere il pensiero di Simone, di cambiare la sua visione del mondo.

La visita di Gesù a Simone, come vediamo anche nella nostra attualità, ci avverte che l’etichetta non è semplicemente una cosa che dà ai nervi; è un’arma che distrugge il rispetto dell’altro e crea odio.

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