Baruch Spinoza nacque ad Amsterdam, in una famiglia ebraica di origine portoghese. Venne educato in una prestigiosa scuola religiosa che gli fornì una solida conoscenza della Bibbia ebraica e della sua lingua. Si vedeva destinato al rabbinato. Ma si accese di grande interesse per le scienze naturali e la filosofia di Descartes. Quest’ultima lo rese molto razionalista e cominciò a mettere in discussione un certo numero di insegnamenti tradizionali della Sinagoga. Per esempio il fatto che il Pentateuco fosse stato scritto da Mosè o che Adamo fosse stato sul serio il primo uomo. A ventiquattro anni venne espulso dalla comunità ebraica e dalla città di Amsterdam con la complicità delle autorità municipali, calviniste. Venne condannato come eretico e ateo. Si consacrò allora alla filosofia e alla formazione delle sue idee, vivendo del suo mestiere di politore di lenti per microscopio. Per non essere troppo isolato si avvicinò ai protestanti “pre-liberali”, che non erano i calvinisti più puri, ma piuttosto i mennoniti, discendenti degli anabattisti, o i membri della Fraternità dei Rimostranti (creata nel 1619 per reazione alle idee di Calvino sulla predestinazione).
La sola opera apparsa lui vivente, nel 1670, è il Trattato teologico-politico, nel quale spiega che la libertà di pensare non è nociva alla pietà, né alla pace, né alla sicurezza dello Stato. Propone un sistema politico, la democrazia, e soprattutto difende la libertà religiosa.
Diciotto capitoli trattano dello status della Scrittura e dei tentativi che bisogna intraprendere per comprenderne il senso autentico. In questo libro Spinoza dà prova di grande razionalismo, ispirandosi allo spirito cartesiano e alla filosofia ebraica del Medioevo che, com’è noto, era a sua volta influenzata dalla ragione aristotelica. Non c’è spazio, nel pensiero dell’autore, per una conoscenza rivelata, o per i fenomeni sovrannaturali, perché le leggi della natura sono leggi divine. Uscire da queste leggi vorrebbe dunque dire uscire da Dio, ovvero sfociare nel nulla.
La Bibbia è un documento umano, essendo ciascuno dei suoi frammenti situato in un dato luogo e tempo, cosa di cui bisogna tenere conto per comprendere che un certo numero di riti, di raccomandazioni e di credenze hanno un valore solo se rapportate all’epoca in cui sono state annunciate. Bisogna dunque tornare alla storia del testo, a partire dalla quale si potranno ritrovare le intenzioni degli autori. Per questo bisogna analizzare la lingua, ricercare l’origine degli scritti, distinguere le differenti varianti, indagare sulla vita e le preoccupazioni degli autori, sul loro ambiente sociale e culturale, comprendere a quale genere di persone si rivolgevano. Bisogna fare una ricerca su come i testi furono raccolti, seguendo l’opinione di chi furono accolti nella collezione dei testi sacri. Bisogna anche confrontare i testi tra di loro, scoprire le contraddizioni, le incoerenze e le inverosimiglianze. Quello che Spinoza chiama l’interpretazione della Scrittura attraverso la Scrittura, che permette, in fin dei conti, di non confondere parola di Dio e parola umana. Questo difficile lavoro di comprensione non turba la fede in un solo Dio che richiede la giustizia e l’amore del prossimo. Al contrario, permette di distinguere bene ciò che attraversa la totalità della Scrittura da ciò che è puramente occasionale. Queste idee, assolutamente rifiutate all’epoca, anche dalla maggioranza dei protestanti, finirono tuttavia per avere delle considerevoli ripercussioni, poiché vennero accuratamente riprese dai protestanti liberali tedeschi del XIX secolo.
Spinoza fu finalmente il precursore dell’esegesi moderna e di una comprensione illuminata dei testi biblici. Malato, probabilmente di tubercolosi, morì prematuramente a 44 anni.
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