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La fede che scava le montagne

Gli altopiani del nord, vasti come la Francia, coprono all’incirca la metà dell’Etiopia, e rassomigliano, visti dall’aereo, ad un gigantesco Grand Canyon del Colorado per la loro configurazione geologica.

La mia prima constatazione è stata che, per ora, solo qualche sito dei pianori del Tigrè sono stati dichiarati di interesse culturale primario dall’UNESCO e figurano nei circuiti “delimitati”. Per contro, c’è una quantità inestimabile di altri siti religiosi che restano ancora da scoprire in luoghi talvolta molto lontani da ogni via di comunicazione.
Riti musulmaniDi prima mattina degli altoparlanti chiamano i cristiani alla meditazione dall’alto delle torri delle chiese di Lalibela, con un tono che ricorda stranamente quello dei muezzin musulmani. Il costume vuole anche che ci si levi le scarpe prima di entrare in un luogo di culto cristiano. La Chiesa etiopica esorta inoltre i suo fedeli a seguire due digiuni di 40 giorni ciascuno durante l’anno. Come ogni buon Occidentale, aveva preso queste usanze per dei riti musulmani.

Sembrerebbe piuttosto che siano i creatori dell’Islam ad avere adottato gli usi dei primi cristiani. Ma, con ogni evidenza, come è stato il caso della diffusione del cristianesimo tra i celti, o ancora del suo matrimonio con il culto vodù in Brasile (il candomblè), le pratiche cristiane, per imporsi, hanno dovuto adattarsi a certi costumi locali.

Le frequenti feste cristiane (talvolta anche venti nello stesso mese), come anche i periodi di digiuno, attendono il fresco della notte per essere celebrate.
Un’aria di miracoloI racconti e le leggende etiopi sono in gran parte legate ai primi evangelisti venuti da Israele e dall’Egitto. Avevano bisogno di immagini forti come strumenti di conversione. Se la nostra fede occidentale è bardata di scetticismo, quella dei cristiani d’Etiopia si pone raramente delle domande e conserva le credenze dei primi tempi. È un bene? È un male? Bisogna per forza constatare che le chiese etiopi sono piene.

Gli ortodossi etiopi preferiscono il cristianesimo dei primi giorni. Se gli evangelisti venuti dal nord non avessero fatto dei miracoli avrebbero potuto convincere i pagani d’Abissinia? Molti Etiopi sono convinti che in una cappella di Axum si trovi l’Arca dell’Alleanza contenente le Tavole della Legge, ma che nessuno le possa vedere, sorvegliate in permanenza da un monaco cieco. Sarebbero state portate da Menelik, primo imperatore d’Etiopia, che sarebbe il discendente dell’unione tra Salomone e la regina di Saba.

Tra i miracoli più raccontati in Etiopia si cita un accordo tra i monaci del lago Tana e i capifamiglia dei coccodrilli per una delimitazione dei territori, secondo il quale i coccodrilli avrebbero dovuto abbandonare il lago Tana per trasferirsi sul Nilo, fino al Mediterraneo. Si può anche citare quell’evangelista che, grazie all’intervento dell’arcangelo Michele, fu issato dal dio serpente in cima al monte Debre Damo e, lì giunto, intimò a quel dio di suicidarsi. Poi c’è la storia di quel monaco che, per penitenza, restò 20 anni su un piede solo. Il piede alzato divenne storpio e Dio fece spuntare delle ali sulla schiena del monaco che se ne volò via. Si parla anche del miracolo di Dio che fece galleggiare le pietre sul lago Tana per permettere ai missionari di evangelizzare le isole.
Gli scultori di cattedraliLe chiese del nord dell’Etiopia sono spettacolari. Se il loro aspetto interno è quasi identico alle cattedrali o alle basiliche del resto del mondo ortodosso, il loro principio di costruzione è totalmente diverso.

Dai colli sono stati tratti dei monoliti, i quali sono stati scavati dall’interno per foggiare transetti, navate, colonne, capitelli etc. L’esempio più bello è la Bieta Georghis di Lalibela con il suo tetto a forma di croce. Vi si scoprono dei magnifici affreschi e icone che rappresentano le scene della Bibbia. Dentro è buio. A corto di mezzi finanziari, alcune illuminazioni di fortuna fanno venire i brividi freddi quando ci si rende conto dei rischi d’incendio che distruggerebbero totalmente questi capolavori. Sfortunatamente la preservazione di questi siti sembra essere l’ultima preoccupazione delle autorità, e i fondi dell’UNESCO si limitano, per il momento, a finanziare la protezione contro le intemperie sotto forma di tetti, utili certamente, ma che, a mio avviso, snaturano non poco il sito.

Più incredibili ancora sono le chiese e le cappelle scavate nelle rupi e il cui accesso è pericoloso, attraverso sentieri difficilmente praticabili. Vengono curate da eremiti che vi consacrano l’intera vita, approvvigionati dai bambini della vallata. L’esempio migliore è Maryam Korkor nei monti del Gheralta.
Uno scrivano di oggiAd Axum ho avuto il privilegio di incontrare Hailo, un monaco scrivano, che stava scrivendo, su pergamene in pelle di capra, un libro di circa 300 pagine sulla vita dei santi, di cui il 60% erano miniature e disegni di sua creazione. Hailo mi ha raccontato la sua vita di monaco scrivano interamente consacrato alla scrittura di libri religiosi, che si tratti della Bibbia o di altre opere proprie al culto ortodosso.

Se Hailo deve, di tanto in tanto, controllare i riferimenti della vita dei santi, non fa lo stesso per la Bibbia che ha tutta sulla punta delle dita, dalla Genesi all’Apocalisse, avendola appresa fin dalla prima giovinezza.

Calligrafo dall’età di dieci anni (oggi ne ha trenta), la sua scrittura è un’autentica opera d’arte.

Hailo ha al suo attivo circa 50 bibbie di grande formato che sono tutte dei pezzi unici, ordinate da ricche famiglie che desiderano farne dono alle loro rispettive Chiese. Il denaro va direttamente alla Chiesa che versa a Hailo il salario per il lavoro svolto. Suo figlio di 14 anni lo segue come un’ombra e assorbe a sua volta la tecnica artistica di suo padre. Anche lui consacrerà la sua vita alla vocazione del sacerdote scrivano.

Hailo andrà in Paradiso per tutto l’immenso lavoro che ha fornito? “No, risponde Hailo, sono già stato pagato per il mio lavoro, dovrò fare altro per guadagnarmi il Paradiso.”

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