Traduzione di Giacomo Tessaro
Abigaïl Bassac ha conseguito un master alla Scuola Pratica di Alti Studi (sezione di scienze religiose) e ne sta conseguendo un altro in teologia a Ginevra. Lavora come assistente all’Istituto Protestante di Teologia (facoltà di Parigi) e caporedattrice aggiunta di Évangile et Liberté.
Ogni anno, in gennaio, ci sentiamo spesso rivolgere la medesima domanda: “Quali sono i tuoi buoni propositi?”. Non mi piace affatto questa domanda; la ragione principale è la sfilza di stupidaggini che fa generalmente vece di risposta. Perdere tre chili, fare una lista prima di partire, correre al supermercato per perdere meno tempo tra gli scaffali, e mi fermo qui per non infliggervi ciò che mi affligge. È questo che ci occupa così profondamente? È questo ciò su cui riflettiamo e a cui decidiamo di dare importanza? Il risultato è che ogni anno, quando mi chiedono quali siano i miei buoni propositi, rispondo che non ne ho. Ma quest’anno credo che farò diversamente: invece di dire “Nessuno, è una cosa che trovo sciocca” e di chiudere così la discussione, risponderò in maniera meno brusca e dirò ciò a cui tento di applicarmi, nel bene e nel male, tutti i giorni dell’anno. Quando mi chiederanno quali sono i miei buoni propositi, risponderò che ne ho solamente uno: scegliere la vita. Che la domanda mi venga rivolta da un collega, una conoscente, un’amica, dalla cassiera ciarliera che mi vede un giorno sì e uno no, darò sempre la medesima risposta. Per annunciare l’Evangelo non servono né il gergo teologico né quello protestante, perché l’Evangelo si rivolge a noi nella nostra realtà, e la realtà è feroce. Tutti i giorni possiamo scegliere tra la morte e la vita. Scegli la vita, affinché tu viva, dice il Deuteronomio, e il Gesù dei vangeli non fa altro che risvegliare la vita nelle persone apatiche, resuscitarla in chi è diventato un morto vivente. Ho deciso: ogni volta che mi chiederanno quali buoni propositi ho deciso di prendere, dirò “Scelgo la vita”.
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