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Il Dio dei bisogni

Di Serge Soulié

Serge Soulié è psicoterapeuta e pastore emerito della Chiesa Protestante Unita di Francia.

Tratto dal Blog della redazione, 9 dicembre 2015

Traduzione di Giacomo Tessaro

 

Siamo sempre tentati di definire Dio, o perlomeno di comprenderlo, a partire da una realtà oggettiva che dovrebbe permettere di delinearne i contorni. Questo tentativo però, per sua natura, si rivela votato alla sconfitta: infatti, come si può cogliere colui che nessuno ha mai visto, che non ha un’esistenza all’infuori di quella che ciascuno gli vuol dare? Come descrivere l’indescrivibile, come dare corpo a un infinito irraggiungibile tanto dai sensi umani quanto dal pensiero? Alla fine di questa ricerca non può esserci che una parola: Dio. Questa parola può essere tradotta con altre parole come: Eterno, Signore, Geova oppure Allah. In tutti i casi, non è che una parola.

 

Un tale metodo non fa altro che favorire delle rappresentazioni di Dio che ciascuno si costruisce secondo le sue convinzioni. Sorge allora l’imperativo di ricercare le cause che conducono a questa o quella interpretazione. È un compito delicato, in quanto l’indagine è impossibile: infatti, tale ricerca richiederebbe l’intervento di varie scienze come la psicologia, la sociologia, l’economia, l’analisi del contesto sociale e politico nel quale viviamo. Tutti abbiamo delle ragioni particolari, le quali costruiscono le nostre convinzioni; è quasi impossibile delineare tali ragioni, ordinarle e articolarle.

 

Eccoci quindi condannati a rinunciare alla ricerca che ci condurrebbe a un Dio oggettivo, identificabile e descrivibile: è una ricerca che sarebbe viziata dalle condizioni del nostro vissuto. Non ci resta che concentrare la nostra attenzione sul Dio di cui abbiamo bisogno. Sapere se Dio esiste davvero non ha più alcuna pertinenza se, per vivere, l’uomo ha bisogno di un Dio. Poco importa allora la sua esistenza o inesistenza, la sua forma e i suoi contorni, il suo carattere e le sue possibilità. Attacchiamoci a questo bisogno di Dio, tracciamone i contorni, descriviamolo, perché se ne possa ricavare il Dio che risponda al nostro bisogno, che donerà la vita all’uomo. Curare questo bisogno consentirà di eliminare quello che, di tale Dio così rivelato, nuoce all’uomo e al suo benessere.

 

Il punto di partenza che abbiamo tracciato, che assegna la priorità al bisogno dell’uomo a detrimento della ricerca di un Dio che esiste a prescindere da noi e al di fuori di noi, condurrà necessariamente a molte diverse concezioni di Dio, nella misura in cui i bisogni degli uni e degli altri variano a seconda del vissuto di ciascuno: un vissuto molto variabile, che dipende dal Paese, dalla classe sociale, dalle tradizioni, dalle credenze. Certamente è possibile trovare degli universali, come il bisogno di bere, di mangiare, di un riparo. Esiste anche il bisogno di essere riconosciuto, amato, protetto; non dimentichiamo poi il bisogno di essere in buona salute e di non soffrire. Tutti questi bisogni si esprimono in maniera diversa e ciascuno conduce a cercare il Dio che risponde meglio a tale bisogno, secondo modalità precise, spesso molto diverse da una persona all’altra, secondo la situazione di ciascuno. Il Dio di Abraamo, di Isacco, di Giacobbe era il medesimo o ciascuno aveva il suo Dio personale, come sembra affermare il testo?

 

Come possiamo rimproverare a qualcuno di rivolgersi al Dio di cui ha bisogno per vivere? Gli rimprovereremo di amare la natura, di volgersi ad essa per attingere la forza di cui ha bisogno? Gli toglieremo l’ossigeno che gli permette di respirare? Cadremmo in una crudeltà senza pari: è proprio quello che succede quando vogliamo dissuadere una persona dal credere in Dio alla sua maniera. Come minimo la disorientiamo: peggio, possiamo arrivare a soffocarla. Vado oltre: oso affermare che non mostrarle la possibilità di tale “costruzione di un Dio personale” secondo i suoi bisogni significherebbe renderla disabile.

 

Certamente, come abbiamo accennato, in ogni concezione di Dio bisogna saper scartare ciò che nuoce all’uomo e alla società. Fare riferimento a un Dio può essere nefasto per l’individuo come per una comunità, se non per un’intera società, quando si sconfina in una teocrazia che impone a tutti il medesimo Dio e nega la libertà di gestire le proprie credenze e le proprie convinzioni. Non possiamo ignorare Freud quando ci mette in guardia sul fatto che l’uomo si dà un Dio per rispondere alle sue paure e calmare le sue angosce: la religione è nevrosi collettiva. Tutto questo ci invita a un lavoro d’accompagnamento della persona, perché il Dio pensato e deciso divenga un aiuto per la vita che apra le porte dell’amore ricevuto e donato attraverso la creazione tutta intera; un Dio che possa essere per l’uomo uno spazio di vita e una forza da interiorizzare. L’uomo sarà allora, come dice il Salmo 82, quasi come un Dio.

 

Per concludere, segnaliamo che i bisogni senza misura mettono a rischio una concezione di Dio che si articola sulla natura del bisogno. Ecco perché ci vogliamo attenere alla classificazione di Epicuro, secondo la quale esistono i bisogni che danno luogo a piaceri naturali e necessari, ai quali conviene dedicarsi; i bisogni che danno luogo a piaceri naturali ma non necessari, ai quali bisogna dedicarsi con moderazione; e infine i bisogni che danno luogo ai piaceri non naturali e non necessari, che devono essere evitati. Noi prenderemo in considerazione solamente le prime due categorie di bisogni: in questo modo, il Dio rivelato sarà il Dio del bene e del giusto equilibrio tra le cose.

 

Sempre alla stregua del filosofo greco, riteniamo che l’essere umano abbia uno spontaneo preconcetto del divino, percepito come un essere incorruttibile, beato e benevolo; in questo modo il Dio rivelato a partire dall’ascolto dei bisogni sarà in totale armonia con ciò che è utile e necessario all’uomo per vivere bene. Partendo da questi presupposti, possiamo rinunciare a definire un Dio oggettivo che esiste indipendentemente dalla nostra concezione, irraggiungibile dai nostri sensi e dalla nostra intelligenza, per meglio analizzare i nostri bisogni e presentare loro il Dio che può appagarli.

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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