In effetti il protestantesimo è infinitamente più unito di quanto si creda; è bene ricordarlo ora che la festa della Riforma è vicina. Ci vengono rimproverate le nostre divisioni; l’unione protestante, retta da princìpi immutabili, è certamente meno visibile dell’unità della Chiesa romana, ma nondimeno molto profonda.
I grandi princìpi del protestantesimo (sola gratia, sola fide, sola Scriptura), che si riassumono nel motto “soli Deo gloria”, non definiscono delle dottrine, le quali pur tuttavia ne possono derivare; essi qualificano e orientano il protestantesimo in maniera fondamentale. Corrispondono a una certa pietà, definiscono uno stile e uno stato d’animo, un modo di credere. Non sono dei dogmi, pur potendo segnare il nostro pensiero teologico. Non sono da cogliere a livello dottrinale, per quanto importante esso sia, ma al livello più essenziale della vita profonda. Caratterizzano, unanimemente, quello che potremmo chiamare l’essere medesimo del protestantesimo, la sua anima e la sua essenza, non le sue istituzioni che, è vero, sono diversissime tra loro. Laddove il cattolicesimo romano assomiglia a una grande casa abitata da famiglie diverse, il protestantesimo assomiglia piuttosto a una sola famiglia ripartita in case diverse. Da una parte si reputa più importante l’unità visibile ed esteriore; dall’altra, l’unione profonda e interiore.
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