La sosta è il tempo del pasto, della cena, dell’ascolto dell’organo o del canto.
Il ritorno alla sorgente è il tempo della meditazione e del silenzio interiore abitato, visitato e riempito.
Tutto questo gratuitamente, senza recesso, senza sconti, senza risarcimenti.
Dopo la sosta e il ritorno alla sorgente viene il tempo di uscire, il tempo della vita e delle sue decisioni.
Ecco perché mi piace sapere che, quando esco di chiesa, io cammino ormai sotto una benedizione.
La sosta e il ritorno alla sorgente invitano allora alla testimonianza.
Questo per quanto riguarda la “mia” Chiesa…
Ma la Chiesa è molto più grande e vasta di ciò che conosco. Essa è in capo al mondo, in Gabon, in Marocco, in Corea, in Israele, in America e altrove! È variopinta, multiculturale, risponde a mille nomi diversi. La Chiesa soffre, è povera, è amareggiata.
La Chiesa è fedele e infedele, imperdonabile e perdonata, unica e divisa…
Io sono uno dei suoi innumerevoli ministri di culto che celebrano, insegnano ai piccoli e ai grandi, riflettono e agiscono nel nome dello stesso maestro, e ne sono felice.
In questo rigoglio ecumenico che è la Chiesa di Gesù Cristo l’essenziale è detto quando un bambino si meraviglia davanti al racconto di una parabola, quando un morente che voi avete visitato vi ringrazia e vi fa scendere le lacrime, quando qualcuno si impegna nella diaconia, quando la Santa cena è anticipazione del regno, quando una lacrima si secca e una vera gioia è ritrovata.
Quando mi trovo con il mio simile che si rialza in me stesso, resuscitato, mandato in missione.
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