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L’effrazione di Capernaum (Mc 2,1-12)

 L’insieme non è solamente chiuso, ma rinchiudente :

rinchiudente per la parola di Gesù che non puù uscire dalla casa; del resto il racconto non ne dice niente. La parola detta resta inaudibile al di là della massa degli ascoltatori. Non parla più, perchè è affogata all’interno di muri ermetici,

rinchiudente per lo stesso Gesù diventato inaccessibile a quelli di fuori e tagliato da coloro che hanno bisogno di lui attraverso un ministero diverso da quello dell’insegnante. La folla si è chiusa su di lui come la pietra della sua sepoltura ne chiuderà l’entrata.

L’audacia degli amici di un uomo paralizzato sta per aprire una breccia in una situazione bloccata. Incapaci di passare per la porta, questi uomini smontano il tetto come dei ladri. L’effrazione però è benefica tanto per il loro amico quanto per Gesù. L’accesso è aperto, reso libero; non soltanto l’uomo paralizzato accede vicinissimo a Gesù, ma Gesù può ridivenire colui in cui il regno di Dio si è avvicinato (Mc 1,15) per tutti. La sua parola si libera anch’essa dei limiti di una parola attesa per trasmettere un messaggio che esce dal quadro delle certezze religiose: i tuoi peccati sono perdonati. La parola non è più inaudibile, è diventata inaudita e frantuma le convinzioni degli scribi. Dopo quelli che irrompono e scassano, il blasfematore. Alla paralisi dei membri dell’uomo corrisponde quella del pensiero degli scribi. Ma Gesù annuncia un perdono senza condizioni che è guarigione, Gesù attua una guarigione senza condizioni che è perdono. La sua parola è piena di autorità perchè libera dalla paralisi delle membra come dal peso del peccato che paralizza l’uomo.

Ne va del buco nel tetto di Capernaum come del cielo che si apre sulla riva del Giordano, come del velo del santuario squarciato in due a Gerusalemme, come della pietra rotolata da parte al mattino di Pasqua : aperture attraverso le quali irrompono presenze, parole e vita inattese. A Capernaum però l’apertura è opera umana quando invece il racconto di Marco attribuisce a interventi divini l’apertura dei cieli e del velo e la pietra rotolata. Nondimeno le cose corrispondono perfettamente e l’iniziativa degli amici dell’uomo paralizzato incita il lettore a essere molto attento a qualsiasi modo di capire la comunità cristiana come un appartarsi dall’agitazione e dalle grida del mondo. La situazione di questo racconto tutto al principio del vangelo frantuma le categorie del di fuori e del di dentro, dell’interno e dell’esterno. Queste categorie sono oramai incapaci di tradurre una identità nuova, sia quella di Gesù in quanto Figlio di Dio come lo confessa il vangelo, sia quella di coloro di cui Gesù si fa vicino, e che non si definisce più come un appartenere a, ma si racconta attraverso il rimettere in piedi e liberare le persone.

Marco invita quindi i suoi lettori a immaginare una Chiesa a buchi, porosa, simile a una tenda dai cordami allungati e agli spazi sempre allargati, una Chiesa dall’architettura leggera e modulabile, una Chiesa che lascia libero passaggio agli uomini e alla Parola.

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