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L’erotismo della fede

Si dice che bisogna amare Dio, che tra lui e noi l’essenziale, la più importante, è l’”amore”. Ma fin dove si può andare nel senso di questa parola? Si può arrivare a dire che bisogna “fare l’amore con Dio”? Sì, credo di sì.

La Bibbia in diversi passi mette in parallelo la relazione tra Dio e l’uomo con la relazione coniugale del maschio e della femmina. In particolare, questo è il senso del canto d’amore costituito dal Cantico dei Cantici, e occupa un posto rilevante nella Bibbia. All’opposto, l’idolatra, ovvero, per noi oggi, colui che trascura Dio, che si preoccupa di altro che dell’essenziale, è presentato come un adultero, come una persona che si prostituisce. Questo è l’argomento del libro del profeta Osea. Nel Nuovo Testamento lo sposo è Cristo, e le promesse spose, le “vergini”, siamo noi credenti. Così si legge la parabola delle vergini savie e delle vergini stolte, come anche tutti i passaggi che parlano di Cristo come “lo sposo”. Paolo, nella stessa linea, dirà in 2 Corinzi 11,2: “Vi ho fidanzati a un unico sposo, per presentarvi come una casta vergine a Cristo.”

Cosa ci insegna questa analogia sulla nostra relazione con Dio? Per prima cosa, che la relazione tra Dio e l’uomo è, e deve essere sopra tutto, una relazione d’amore, una relazione di una coppia ideale: dove dominano tenerezza, attenzione e fedeltà. Questa relazione deve essere equilibrata, in modo tale che nessuno cerchi di dominare l’altro, né di comandarlo, né di renderlo schiavo. Per funzionare, una coppia deve essere un’alleanza, e non una relazione in cui uno si annulla a beneficio dell’altro.

Se ci si pensa, presentare la relazione tra Dio e l’uomo come una relazione di coppia è una affermazione teologica stupefacente, ed è sicuramente in contrasto a ciò che troppo spesso si è voluto insegnare al catechismo, con un Dio onnipotente, che colpevolizza l’uomo, che gli domanda di abbassarsi il più possibile per lasciargli la grandezza e la sovranità.

Ora, una coppia non può essere questo. Una coppia è l’unione di due persone della medesima dignità, del medesimo livello, dove ciascuno rispetta l’altro, una relazione nella quale nessuno dei due protagonisti deve distruggere o schiacciare l’altro, una relazione di unione che rispetta la differenza dei due, nella fedeltà, ma senza fusione né confusione. Altrimenti la coppia non può funzionare correttamente, né condurre alla realizzazione di alcuno dei due.

Perché una coppia funzioni bisogna anche che ci sia dell’alterità, la ricerca di un altro se stesso è condannata allo scacco, e in teologia è la stessa cosa. La Bibbia dà all’uomo una dignità straordinaria permettendogli di essere partner di Dio, e perfino il suo eguale sotto certi aspetti. Tuttavia l’uomo non è Dio, non deve prendersi per Dio, e Dio non è l’uomo, ciascuno deve salvaguardare la sua specificità e la sua dignità. È una unione di partner, una unione di mutuo rispetto, di collaborazione, di accoglimento dell’altro, al fine di essere “non più due ma uno”, e tuttavia nessuno dei due deve fondersi nell’altro, né diventare simile all’altro.

In una coppia ideale quello che circola è un atteggiamento di accoglienza, di rispetto, di considerazione, di disponibilità, di comprensione, di perdono (da una parte e dall’altra…). È una relazione che accetta che l’altro non sia assolutamente come lo si vorrebbe. Anche quest’ultimo punto è importante, è vero per Dio faccia a faccia con noi, e si predica spesso che Dio ci perdona e ci accetta nella comprensione della nostra natura, ma è vero anche per noi faccia a faccia con Dio: ci piacerebbe che fosse più forte, che facesse dei miracoli, che fosse onnipotente e sopprimesse il male… ma una fede adulta può amare di tutto cuore Dio, anche se non corrisponde completamente alle nostre fantasie infantili.

E poi, nell’amore come nella fede, vi è una dimensione affettiva e una dimensione razionale. Certo, è bello amare Dio con la pancia, ma non si può costruire una vita cristiana unicamente sul sentimento. Il sentimento è qualcosa che può evolvere, che dà vita ad un impegno cristiano, come l’amore passionale dà carne a una relazione, ma non ci si può chiedere ogni mattina se si ama ancora la propria moglie o il proprio marito per sapere se si resterà con lei/lui un giorno di più. A un dato momento, deve subentrare qualche cosa come una decisione, una scelta, o almeno aggiungervisi. Ci vuole una certa razionalizzazione, e forse una certa obiettività per poter dire, come Paolo, non “sento di credere” ma “so in chi ho creduto” (2 Timoteo 1,12).
Si può portare avanti l’immagine, e fino a dove?Molto lontano, credo, ed è vero che l’amore coniugale non è solo un sentimento, né una organizzazione, un contratto di fiducia e di coabitazione, nemmeno una relazione razionale ed equilibrata, è più di questo.

Prima di tutto, presuppone di condividere una intimità, di “vivere sotto lo stesso tetto” come richiede la legge. Questo è uno degli ideali della fede. Il salmista dirà così: “C’è una cosa che desidero, la sola cosa che cerco: abitare nella casa dell’Eterno.” (Salmo27) ed è vero, in questo versetto c’è una immagine dell’intimità che si può desiderare di vivere con Dio: vivere in presenza dell’altro tutto il tempo… Questo non è evidente per tutti, arrivarci richiede tutto un lavoro di avvicinamento, di seduzione, bisogna “fare la corte” a Dio, cercare di approcciarlo, frequentarlo assiduamente, e anche se all’inizio il tutto sembra un po’ artificiale, può portare progressivamente ad una autentica intimità.

Poi, una coppia è fatta per essere feconda. Qui non è questione di avere necessariamente dei figli nella carne, ma che la nostra vita, fecondata da Dio, possa essere ricca e far nascere delle realtà che vanno al di là di noi stessi, possa dare frutto e saper trasmettere.

Per fare questo bisogna, in un certo senso, “conoscere” Dio: questo si può intendere nel senso intellettuale, ma anche biblico, lì dove si dice: “Adamo conobbe Eva sua moglie, la quale partorì un figlio” e dunque “fare l’amore” con Dio. Può sembrare un po’ osé come immagine, tuttavia, se non se ne è urtati, è una immagine molto ricca e bella. Bisogna unirsi a Dio anima e corpo, vivere abbracciati a Dio, baciarlo sulla bocca, quella bocca che dona la sua Parola, bisogna essere uno con lui in un abbandono totale, con una voluttà liberata, perché egli venga in noi per fecondarci, perché insemini le nostre vite con la sua Parola e il suo spirito, per diventare gravidi di lui, portatori di una vita nuova che trascende la nostra esistenza egoista.

Questo può sembrare osé, tuttavia è ciò che dice la tradizione cristiana da 2000 anni affermando che Maria, immagine dell’umanità fedele, è “coperta” dallo Spirito Santo, o che è “incinta” di lui, e che dà la vita a Cristo. Maria siamo noi, è la vergine pura, fidanzata allo sposo che è Dio, come siamo chiamati ad essere.

Noi siamo i promessi di Dio, Dio vuole fermamente unirsi a noi e sposarci. Accettiamo gioiosamente di consumare questo connubio di grazia.

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