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Elogio delle differenze

Le scienze umane ci insegnano la necessità del confronto con l’altro nella costruzione della nostra identità. Dio stesso non ha forse bisogno delle nostre differenze per proseguire la sua opera creatrice? È un punto centrale della teologia del Processo. Dio non crea a partire dal nulla, Dio crea servendosi dei dati del mondo già esistenti, mettendoli insieme per trasformarli e aprirli a nuove possibilità. Più i dati sono numerosi e le differenze importanti, più le trasformazioni saranno fruttuose.

“Le altre religioni ci fanno scoprire degli aspetti del divino che la nostra fede, la nostra cultura e i nostri sistemi teologici non possono integrare proprio perché non possono esaurire la totalità di Dio. L’altro ci rivela che le nostre teologie e la nostra fede non sono le sole possibili perché Dio non è riducibile a una sola fede, a una sola espressione teologica. […] Un mondo omogeneo, uniforme, dove tutto sarebbe simile, sarebbe un mondo chiuso a ogni relazione innovatrice. Dio ha dunque bisogno della pluralità del mondo per inscrivervi la sua azione creatrice !” (Raphaël Picon, Évangile et liberté n. 170, ottobre 2003)

“Bultmann ha scritto che la Bibbia è il libro più sincretista (che mescola le religioni) che ci sia. Essa si ispira a testi egizi, mesopotamici, iranici e greci. […] Non si tratta di preconizzare una spiritualità senza coerenza né strutture, fatta un po’ di questo e un po’ di quello. Ma noi non preferiamo troppo spesso la purezza alla fecondità e la rigidità all’apertura?”, scriveva André Gounelle (Évangile et liberté n. 174, febbraio 2004).

Spesso si distingue tra le religioni di “saggezza” e le religioni di “rivelazione”. La Rivelazione è fondamentale per il cristianesimo, come per il giudaismo o l’islam. È Dio che decide di svelare agli esseri umani una verità alla quale non avrebbero altrimenti accesso. È facile concludere che queste religioni sono superiori… Ma a ciascuno la “sua” rivelazione… Il teologo britannico John Hick sottolinea il fatto che la Rivelazione è relazionale, che si lascia pensare in maniere diverse in funzione di diverse tradizioni di ricettività. Si ritorna all’accettazione, da parte di ciascuno, dei propri limiti; nessuno può pretendere di possedere la Verità.

Bernard Reymond, professore emerito di teologia pratica all’Università di Losanna, pone il problema delle rivelazioni definitive, tanto per il cristianesimo quanto per l’islam; come sono state comprese nel corso dei secoli? Gesù è “il” Cristo o possono essercene altri con questa funzione?

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