Perché essere salvati vuol dire essere in Dio; sapere che, per lui, noi contiamo, noi esistiamo. Per la filosofa Hannah Arendt (1906-1975), nella sua opera Che cos’è la politica?, il totalitarismo è la pretesa di fare il bene come se gli altri non esistessero, senza prendere in considerazione le situazioni vissute e le storie concrete. Il Dio che sa tutto, che fa tutto e che può tutto, che dispensa i suoi beni come se noi non esistessimo, riflette un modo di pensare totalitario, molto spesso utile all’autoritarismo ecclesiastico. Completamente diverso è il Dio che Gesù incarna ! In lui, nell’uomo, Dio viene a patti con l’umanità e agisce attraverso di essa. L’avventura di Dio diviene la nostra ed è così che egli ci salva. Non proiettandoci in una vita senza fine, ma ridando ininterrottamente a questa vita un respiro di eternità. Quel respiro attraverso il quale ci scopriamo, in Dio, capaci di meraviglie. Dio ci crea salvandoci dall’insignificanza. Niente è indifferente a Dio, e dirgli di sì, significa contribuire a far sì che egli sia. È far trionfare il suo Evangelo di bellezza e di giustizia su un mondo di mediocrità e di esclusione. Noi siamo salvati non perché agiamo per Dio, ma perché lui stesso ci elargisce fiducia e ci rende capaci di agire. Ecco perché Gesù non ci invita a credere che Dio esiste, ma a credere che, per Dio, noi esistiamo.
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