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La Chiesa aiuta Dio?

 La domanda è sconcertante perché suppone che Dio potrebbe ricevere un aiuto. Se così fosse non sarebbe né sovrano né sufficiente, la credenza nella sua onnipotenza sarebbe contestata. Sarebbe ancora Dio? Sicuramente questo Dio aiutato non è il deus ex machina delle nostre mitologie e delle nostre fantasie infantili. Il Dio di Gesù Cristo non è un Dio onnipotente, che fa tutto e può tutto, come gli sembra bene, indipendentemente da ciò che è, come se noi non esistessimo. Dio non può e non vuole, per conto suo e tutto solo, far trionfare il suo progetto per l’umanità. La sua presenza e la sua azione nel mondo sono, grazie a noi, più manifeste e più efficaci. Questo Dio aiutato, che agisce in noi e attraverso noi, è colui che noi scopriamo alla lettura dei vangeli, colui che immaginiamo all’opera in Gesù Cristo. La Chiesa, suscitata dalla proclamazione dell’Evangelo che essa fa risuonare attraverso di sé (e talvolta a sua insaputa, o suo malgrado !) aiuta Dio contribuendo a far sì che Dio e l’umano esistano pienamente.Affinché Dio esistaUn Dio senza Cristo, un Dio senza incarnazione, non sarebbe che un principio, un concetto, un’idea, una pura astrazione. Potremmo parlare di questo Dio come di una figura mitologica, fantasmagorica o leggendaria. Il Dio della fede, il Dio di Gesù Cristo, non è pura virtualità, un’entità eterna e astratta; è sempre in parte determinato da ciò che ne viviamo e ciò che ne facciamo. Questo Dio della fede è sempre un Dio attraverso la fede, attraverso la fiducia che gli riconosciamo. In effetti è la nostra fede in Dio che fa sì che Dio sia realmente Dio per noi. Ancora, il Dio di Gesù Cristo è Dio attraverso Gesù Cristo; è Gesù Cristo stesso, quello che vive, dice, fa, che incarna Dio e ci permette di amare quest’ultimo come Dio.

La nostra relazione con Dio e tutto ciò che lo incarna nel mondo contribuiscono a far sì che Dio sia Dio. È la stessa idea che anima Wilfred Monod quando afferma in una delle sue predicazioni: “La nostra preghiera esaudisce Dio.” Pregandolo, aprendoci a lui, ricentrandoci sulla sua presenza, noi operiamo, con lui e in lui, per il regno di Dio; contribuiamo a realizzare, secondo la sua volontà, un mondo più giusto, dove il bene ha la meglio sul male, la verità sulla menzogna, la bellezza sulle brutture.

Ciò che aiuta Dio sarebbe allora quello che lo incarna, lo rende più vero, più presente, più credibile. È perché Dio esista per ciascuna e ciascuno, per il mondo intero, nella diversità delle sue componenti umane, vegetali, animali, che la Chiesa agisce attraverso le sue predicazioni, i suoi culti, le sue azioni di solidarietà. Il grande compito della Chiesa, infatti, è di permetterci di decifrare la presenza di Dio che agisce ovunque nell’universo. Il suo ruolo è di farci prendere coscienza che Dio è presente per noi, che chiama noi; il suo ruolo è anche quello di aiutarci a rispondere a Dio. Come scrive il teologo John Cobb: “Il compito fondamentale della Chiesa è di invitarci alla libera accettazione di Dio, e di concretizzare questa accettazione.” Non si tratta, per la Chiesa, di convocare questo Dio che è già presente. Non si tratta nemmeno di rendere cristiano il mondo intero. Si tratta di risvegliare le nostre sensibilità per renderci più ricettivi alla presenza e all’azione di Dio. La Chiesa nasce dalla Buona Novella che essa annuncia e dalle buone novelle che ci affida; quella di un mondo e di un’esistenza che, in Dio, non sono mai riducibili ai mali che le attraversano. Attraverso l’Evangelo di cui essa è la predicazione, la Chiesa è una lotta contro il disinganno del mondo. Essa opera a rendere visibile e a incoraggiare tutto ciò che partecipa dell’energia divina della resurrezione. Questa è la ragione per la quale noi crediamo che la Chiesa debordi ampiamente dalle istituzioni ecclesiali. La Chiesa, come comunità di fede, non si confonde con l’istituzione ecclesiastica. Se la Chiesa nasce dall’annuncio dell’Evangelo niente ci impedisce di vivere la Chiesa là dove l’Evangelo è vissuto: in un ospedale, un Parlamento, un’aula scolastica, in una prigione, nel corso di una manifestazione, di un concerto. Si tratta allora di vivere queste occasione come dei momenti di Evangelo che contribuiscono a fare spazio all’azione di Dio, a viverla nella sua incarnazione nel mondo. Attraverso la nostra capacità a decifrarla là dove la vita ha la meglio sulla morte intensifichiamo la coscienza che possiamo avere dell’azione liberatrice e trasformatrice di Dio, vi diveniamo più sensibili.
Affinché l’umano esistaÈ anche nella sua potenza contestatrice e mobilizzatrice che la Chiesa aiuta Dio. Se la Chiesa nasce dalla proclamazione dell’Evangelo, essa nasce per servire, per essere un appello, una forza mobilizzatrice. La Chiesa, come gruppo di pressione e come forza sociale, spesso può fare molto più degli individui isolati. Quando la Chiesa lotta contro ciò che snatura l’uomo, che lo riduce a una cosa, a un dato trascurabile e manipolabile, quando opera alla sua fioritura spirituale, psichica, morale, sessuale, la Chiesa aiuta questo Dio che i vangeli raccontano come una potenza di resurrezione in lotta contro quello che ci paralizza e ci aliena. Facendo questo la Chiesa contribuisce a rendere possibile una umanità e un mondo che sono sempre in divenire, in corso di creazione. Essa aiuta Dio a proseguire la sua creazione risvegliando le nostre sensibilità, incoraggiandoci a nuove solidarietà, liberandoci anche dal peso delle nostre colpe, invitandoci a vivere sotto la grazia, con maggiore spensieratezza e leggerezza, maggiore fede e fiducia, rendendoci più umani. I teologi del Process definiscono sovente la Chiesa come “la comunità che, coscientemente, si vota al mantenimento, allo sviluppo e al rafforzamento del campo di forza generato da Gesù”.

Quando, per esempio, un predicatore è trasportato dal soffio impetuoso dell’Evangelo, quello che gli permette di svelare all’anima umana ciò che ha di più bello e più supremo – la sua libertà creatrice, il suo coraggio d’essere, la sua resistenza al nulla, la sua potenza d’amore – allora sicuramente la Chiesa, attraverso la predicazione dell’Evangelo che la suscita, aiuta Dio. Quando attraverso una predicazione nasce in noi un sentimento di accettazione totale di noi stessi che ci libera da ogni processo di autogiustificazione; quando questa stessa predicazione ci dà la sensazione di essere qualcosa di più di ciò che eravamo prima, di essere più presenti, più giusti, più amorevoli, più capaci; attraverso questo trasalimento di eternità, sicuramente, la Chiesa aiuta Dio.

Al contrario, quando la predicazione non è che la fastidiosa esibizione di un sistema ideologico-catechetico che risponde a domande che nessuno più si pone, quando è serrata nella gogna dogmatica di un’altra epoca, allora sicuramente la Chiesa non aiuta Dio. Fa venire giustamente voglia di andarsene e di non tornare mai più al culto… Quando la predicazione dimentica l’animo umano, trascurando le sue passioni, i suoi desideri, i suoi problemi, i suoi interrogativi, i suoi sogni, quando ignora questa umanità nella quale Dio è nondimeno presente, essa non ci parla più e tace Dio in noi.

Ma ciò che, di noi, aiuta Dio, non è forse ciò che, di noi, è già da sempre in Dio? Non sarà allora la parte di Dio in noi che ci permette di aiutare Dio? In noi Dio aiuta se stesso perché il suo Evangelo non sia lettera morta e predicazione servile e perché il mondo sia sempre più armonioso.

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