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I Decrescenti: chi sono veramente?

 Nicolas Blanc

Traduzione
JF Rebeaud

Tra i « dogmi » ricevuti in materia di economia, quello della crescita è praticamente indiscutibile. Alcuni però tentatno di metterla in forse, vanno chimati « decrescenti », o « obiettori di crescita ». Il pastore N. Blanc ci interroga in proposito sotto l’ispirazione della teologia del Process.*

Gli obiettori di crescita erano per me individui che si impegnano per un mondo irenico ma vicino all’età di pietra. I media li presentano spesso ironicamente sotto l’aspetto di persone fuor di senno, prive del senso della realtà e rifiutando ogni progresso, e ci riesce difficile dar credito a un discorso che non va nel senso del socialmente corretto.

Di fatti la prassi degli obiettori de crescita è radicata nel pensiero del matematico ed economista dissidente, Georgescu-Roegen, particolarmente nel suo libro del 1071 The Entropic Law and the Economic Process (La legge dell’Entropia e l’evoluzione economica) e l’altro del 1976 Energy and Economic Myths (Energia e miti economici). Roegen trova i modelli economici moderni insoddisfacenti, perchè a suo parere isolano l’economia dal mondo che la circonda. Le scienze economiche sono fondate su principi di fisica chiamati « meccanisti », anteriori a certi dati scientifici moderni. Per esempio, un’idea primordiale dello sviluppo durevole consiste nel pensare che il riciclaggio permetterebbe di riutilizzare le materie consumate dall’uso e di considerarle come un guadagno, generando in tal modo un apporto economico. Ma questa logica economica non tiene conto del fatto che interviene una reale perdita di energia nella trasformazione di queste materie. L’energia così perduta non si può ricuperare, e pertanto la materia adoperata si degrada lentamente ma sicuramente. Roegen apre una via nuova al pensiero perchè si appoggia su principi di fisica che dimostrano come la materia umana consumata dall’economia umana non può essere tenuta per infinita. Considera lo sviluppo economico nel contesto ecologico globale (quella della Terra) insieme alla sua realtà fisica e dunque con le leggi che la comandano (detto medello viene chiamato bioeconomico).

L’analisi di Geogescu-Roegen implica il principio di « entropia », il quale significa grosso modo che l’energia perduta da un sistema contribuisce all’aumento di un disordine globale e non può più essere adoperata. Questo secondo principio della termodinamica è stato scoperto da Sadi Carnot nel 1824. Ricordiamo che i principi dell’economia imperniata sul pensiero della « crescita infinita » sono basati su principi anteriori alle scoperte di Carnot (cioè quelli che chiamiamo meccanisti).

L’applicazione di questa teoria all’economia dimostra che una gran parte dell’energia adoperata dall’industria viene trasformata in calore e non può mai ridiventare energia meccanica. L’entropia descrive un fenomeno irrevocabile. Ogni energia consumata dalle macchine finisce per scomparire. Ciò vuol dire che le risorse energitiche della Terra costituiscono un capitale limitato. Più si attinge a quello che le macchine possono adoperare, più ci si avvicina alla fine della storia fondata su una economia a crescita illimitata. Per Roegen, l’attività economica è un processo distruttore di una materia il cui volume utilizzabile è limitato.

Le teorie di Roegen e dei suoi seguaci ci possono aiutare a percepire con più precisione la realtà dei nostri processi economici. Facciamo un esempio: la banana. La troviamo nei nostri supermercati a un prezzo molto basso perchè prodotta in grandi quantità. Ma non siamo per forza consci dell’impatto della sua coltivazione. Le banane provenienti dalle piantagioni d’America centrale ricevono, per essere prodotte in grandi quantità, un trattamento di pesticidi dieci volte più elevato che nell’agricoltura dei paesi industrielizzati. Ora il 90% di questi pesticidi si perdono nel terreno circostante. I prodotti chimici tossici si ritrovano nell’ecosistema locale, causando mortalità e difformità alla fauna. Nel Costa Rica, grande produttore di banane, si stima che il 90% deil corallo muoia a causa dell’arrivo in mare dei pesticidi. Le piantagioni di banane causano l’esaurimento dei suoli, la deforestazione e la distruzione di molti ecosistemi.

Il suo prezzo della banana che mangiamo dipende dalla quantità prodotta, del costo del trasporto, ecc. ma la degradazione del sistema ecologico (senza dimenticare le morti e malformazioni anche umane) non viene in nessun caso presa in conto, visto che i sistemi economici non hanno assimilato che la biosfera è un sistema chiuso. L’impatto dell’attività fisica della nostra economia non può dissolversi senza fine nell’atmosfera; esistono dei limiti anche se non li vediamo. Tal’è la critica di Roegen ai sistemi economici fondati sulla la crescita infinita o anche quella detta durevole, per non citare il nec plus ultra: la « crescita verde ».

L’insieme dei prodotti che consumiamo sono alla stessa stregua: è una materia limitata, immediatamente disponibile ma che si va rarefacendo. Quid delle generazioni future, ci chiedono i successori di Roegen?

Invece di fermarsi su una costatazione colpevolizzante per l' »homo-cliens », Hermann Daly (economista) e John Cobb (teologo del Process) fanno delle proposte per riconciliare economia e biosfera nel loro libro intitolato For the Common Good (Per il Bene Comune). Propongono per esempio di preferire al PIL (Prodotto Interno Lordo) un altro indice, l’IBED (Indice di BenEssere Durevole), che tiene conto di nuovi parametri capaci di misurare la ricchezza prodotta da un paese, quali l’educazione, la salute, il senso del lavoro individuale per il bene comune. Daly e Cobb propongono di dare nuove basi alla nostra società, a causa delle degradazioni causate dal nostro consumerismo e delle disuguaglianze che essa provoca. Per i decrescenti (quanto è riduttore quel modo di chiamarli, finalmente!), una trasformazione ecologica e sociale è necessaria se vogliamo contribuire all’abitabilità del mondo attorno a noi. Gli obiettori di crescita non sono dissidenti senza pensiero costruito, ci aprono un campo di riflessione creatore, evolutivo. Non soltanto perchè rifiutano di lasciarsi schiacciare da dottrine economiche superate (da ciò che la scienza ci ha offerto) ma ancora perchè si preoccupano di distribuire meglio le risorse. Lungi dal rifiutare il progresso, la scienza, vogliono riflettere a ll’impatto del nostro modo di consumare affinchè possa servire a qualcosa e non sia uno scopo in sè.

Ciò che mi interroga sempre di più è l’interesse che questi autori manifestano per la libertà individuale di fronte alla logica di massa; in effetti, paradossalmente, allorchè si sente parlare di « integrismo verde », non abbiamo noi forse tendenza a lasciarci addormentare da discorsi promettendo che la nostra salvezza sta nella crescita economica, che la nostra felicità sta nel rilancio della crescita o nel miglioramento del PIL?

Per gli obiettori di crescita, il centro di ogni scambio economica deve essere la condizione di vita delle esseri umani nel mondo che li circonda. Insistono, come fanno con l’IBED, sull’accedere alla gioia che nasce dal moderare il proprio consumo che preferisce all’avere relazione agli altri. Sobrietà invece di consumo significa quì sentirsi cittadino e responsabile di questo nostro mondo.

Non è questo una interpellazione per le nostre Chiese?
La teologia del Process ci invita a non permettere ai dogmi di rinchiuderci nelle abitudini, bensì a seguire la voce di Colui che tanto ama il mondo che non cessa di affermare la vita, la novità, la coscienza e la libertà (cf. John Cobb). Lasciarsi stimolare dalle domande e, perchè no, dalle aspirazioni degli obiettori di crescita mi pare oggi inevitabile per ogniuno. Non solo perchè l’avvenire è da costruire ed appartiene a ciascuno, ma anche perchè siamo i garanti di una umanitè in cerca di se stessa, che deve ricordarsi, come lo montra Douglas John Hall (Essere Immagine di Dio), che l’uomo non è indipendente dalle altre creature. N.B.

*La teologia del Process è nata negli Stati Uniti durante il secolo scorso; è contradistinta da una visione che privilegia il movimento, il dinamismo, l’evento, l’azione; vuol pensare le interferenze ed interazioni tra tutto ciò che esiste. Rinnova profondament il pensiero teologico classico, il quale distingue più che non crear legami, e vede in Dio colui che fonda, che stabilisce piuttosto che colui che mette in moto e fa muovere.

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