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Nikolaj Berdjaev. (1874 presso Kiev – Clamart presso Parigi )

La sua famiglia appartiene alla nobiltà militare e si mostrerà tollerante verso le sue idee filosofiche e politiche, sovversive e socialiste. A causa loro viene successivamente gettato in prigione, escluso dall’università, posto in libertà vigilata e bandito per tre anni nel Nord della Russia. Segnato dal marxismo, di cui però non condivide il materialismo, poco a poco si avvicina al cristianesimo, conservando tuttavia una grande esigenza di giustizia sociale. Partecipa al rinnovamento teologico della Chiesa ortodossa e, a partire dal 1910, consacra la sua vita alla scrittura delle sue numerose opere. Sebbene vicino ai circoli rivoluzionari, le sue scelte spirituali e religiose l’opporranno al bolscevismo. Arrestato, sarà definitivamente bandito dalla Russia nel 1922 come “avversario” ideologico del regime. È il primo dissidente sovietico. Si installa nel 1924 a Clamart presso Parigi dove morirà nel 1948. Da lì pubblica i suoi ultimi libri tradotti in molte lingue, acquistando una fama internazionale, principalmente per la sua opera Nuovo Medioevo.

Si fa difensore di un cristianesimo personalista ed esistenzialista, liberale e mistico. Rappresenta un certo anarchismo spirituale, e questo deriva dalla sua totale indipendenza di spirito, la sua opposizione ai dogmatismi, a un cristianesimo tradizionalista e istituzionale, a ogni settarismo.

Su una quarantina di libri pubblicati si possono segnalare almeno due opere maggiori. Prima di tutto Il destino dell’uomo. Ecco il suo libro più compiuto, di potente originalità, che si conclude con un’arringa vibrante e magnifica in favore di una salvezza universale. Poi, Spirito e libertà, l’opera “la più forte, la più ispirata, la più stimolante”, come ha scritto Olivier Clément, che si convertirà al cristianesimo alla lettura di questo libro e diventerà rapidamente un teologo riconosciuto ben al di là delle frontiere della Francia e dell’ortodossia russa.

Per Berdjaev, l’uomo partecipa in totale disinteresse all’atto creatore divino. Dio si appella alla nostra collaborazione per l’edificazione del suo Regno. Nel cantiere del mondo e della storia, non dobbiamo nascondere i nostri talenti sottoterra e rassegnarci, altrimenti la creazione perpetua del mondo subirà uno scacco: “Dio languirà e soffrirà, resterà insoddisfatto nelle sue relazioni con il suo stesso Altro […] Quando l’uomo pensa a Dio, alla divina nostalgia d’amore, a ciò che Dio si aspetta da lui, egli innalza l’umano, ne realizza l’idea, afferma la sua natura creatrice.”

Un’altra realtà domina il suo pensiero: la divinoumanità. Essa non è unicamente quella di Gesù, perché l’essere umano, e con lui la terra intera, partecipa della divinità. È nel nostro slancio e nel nostro atto creatore che si realizza, attraverso la nostra collaborazione con il Creatore, la pienezza della nostra vita e di ciò che Dio si aspetta da noi. La divinoumanità non esprime in maniera statica una condizione, quella di Cristo, ma in maniera dinamica e creatrice la nostra partecipazione alla sua esistenza in cui si armonizzano, in modo sempre presente, l’umanizzazione ( più che l’umanità )di Dio e la divinizzazione ( più che la divinità ) dell’uomo. “Nell’umanità deve compiersi l’incarnazione collettiva, universale di Dio. La divinoumanità è il prolungamento dell’incarnazione di Dio.” L’uomo dunque contiene un elemento divino. La grazia diviene così la rivelazione di questa dimensione divina in noi, “il risveglio del divino nell’uomo”.

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