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Nikolaj Berdjaev, credente a testa alta

I credenti hanno la tendenza a fare delle caricature di Dio. Nikolaj Berdjaev, invece, si è sforzato di restituirgli la sua divinità, la quale si esprime perfettamente nella nostra umanità. Laurent Gagnebin ci fa scoprire la vita e le idee del primo esiliato dall’URSS in nome della libertà.

Nikolaj Berdjaev, credente a testa alta

Di Laurent Gagnebin*

Traduzione di Giacomo Tessaro

* Laurent Gagnebin è stato pastore della Chiesa Protestante Unita di Francia a Parigi, poi professore all’Istituto Protestante di Teologia (facoltà di Parigi). È stato presidente dell’Associazione Évangile et Liberté e, per dieci anni, direttore di redazione del medesimo mensile.

Alcuni elementi biografici

Berdjaev (che vivendo in Francia aveva adottato la grafia Berdiaeff) nasce il 19 marzo 1874 nei dintorni di Kiev, in una famiglia appartenente alla nobiltà militare. All’università studia scienze naturali e diritto, ma si occupa soprattutto di filosofia. Nel 1898 viene imprigionato dal regime zarista ed espulso dall’università, poi posto in libertà vigilata a causa della sua attività politica rivoluzionaria. Nel 1901 viene deportato nel nord della Russia, dove vive per tre anni, a causa della propaganda socialista svolta tra gli studenti e gli operai. La lettura di Nietzsche e Marx lascia in lui un segno profondo: pur non condividendo il materialismo di quest’ultimo, conserverà sempre la sua esigenza di giustizia sociale. Liberato nel 1903, studia per qualche mese a Heidelberg, poi, l’anno seguente, si stabilisce a San Pietroburgo. Dopo essersi riavvicinato al cristianesimo, fonda, assieme all’amico Sergej Bulgakov (che diverrà poi sacerdote) la rivista “Problema di vita”: è la prima volta che un periodico russo tratta questioni sia sociali che religiose.

Nel 1907 si stabilisce a Mosca, aderisce al pensiero dell’ortodossia russa e partecipa al suo rinnovamento, ma rimane, per sua scelta, ai margini della Chiesa istituzionale. Nel 1912 è in Italia (Roma e Firenze), la cui bellezza artistica ispirerà gran parte della sua opera del 1916, “Il senso della creazione” (Jaca Book, 1994). Nel 1914 viene processato per aver scritto un articolo virulento (“Gli spegnitoi dello Spirito”) contro il Santo Sinodo della sua Chiesa e per aver difeso alcuni monaci del monte Athos, accusati di eresia e costretti a ritrattare in modo ingiusto e brutale. Berdjaev evita la deportazione perpetua in Siberia; la guerra, infatti, interrompe il processo, che non verrà più riaperto. Non si allinea alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, da lui un tempo attesa: le rimprovera principalmente di combattere la religione e la libertà di opinione. Nel 1920 è chiamato all’università di Mosca, dove insegna filosofia e storia. Da questo magistero nascono due opere: “Il senso della storia” (di prossima pubblicazione presso Jaca Book) e “La concezione di Dostoevskij” (Einaudi, 2002).

Da sempre fermo oppositore del regime sovietico, nel 1922 viene esiliato definitivamente come avversario “ideologico” del comunismo, vale a dire per ragioni spirituali e religiose, e non sociopolitiche. Vivrà quindi prima a Berlino, poi a Clamart, presso Parigi. Fonda la rivista “Put” (“La Via”), che uscirà fino al 1939. Dal 1925 al 1945 pubblica le sue opere essenziali, tradotte in numerose lingue, e conosce la gloria internazionale.

Berdjaev ha partecipato a tutti i dibattiti filosofici, teologici e politici del suo tempo, proponendo un cristianesimo aperto, ecumenico, mistico e sociale. Il suo dialogo con i marxisti verrà oscurato dagli sviluppi del comunismo stalinista.Conserverà sempre la sua totale libertà di fronte a ogni istituzione ufficiale, politica o religiosa. Muore per una crisi cardiaca il 23 marzo 1948. Sulla sua scrivania viene rinvenuto il suo ultimo manoscritto: “Regno dello Spirito e regno di Cesare” (Edizioni di Comunità, 1954). Può essere considerato il primo “dissidente sovietico”.

Sulla sua opera

Segnalo, tra le opere di Berdjaev, quelle che, a mio avviso, sono le maggiori: un’etica intitolata “Il destino dell’uomo” (edizione francese: “De la destination de l’Homme”, éditions L’Âge d’Homme) e “Filosofia dello spirito libero” (San Paolo, 1997); alla lettura di quest’ultima il pensatore ortodosso Olivier Clément si è convertito al cristianesimo.

Consiglio vivamente il libro “Lettere ai miei nemici. Filosofia della disuguaglianza” (La casa di Matriona, 2014), opera appassionata e ingiusta, ricolma di eccessi, redatta sul tamburo dopo il suo esilio; alcuni gli rimprovereranno di averla pubblicata, altri, invece, di averla rinnegata.

Il suo pensiero e la sua scrittura possono disorientare. Il suo stile è denso e ben poco accademico, pieno di slanci incandescenti, di ripetizioni, di accenti filosofici personali e originali. Per entrare in questo universo particolare, che afferra ma difficilmente si lascia afferrare, raccomando “Autobiografia spirituale” (Jaca Book, 2006), che permette di seguire la sua vita movimentata e il suo itinerario intellettuale e spirituale esigente e rigoglioso.

Alcuni punti del suo pensiero

– Berdjaev ha sempre difeso, con eccezionale vigore, la salvezza universale. Le ultime cinquanta pagine del “Destino dell’uomo”, il libro che preferisco nella sua vastissima opera, sono interamente consacrate a tale questione, trattate con argomentazioni solide e incandescenti. È questo l’aspetto di Berdjaev che mi ha conquistato all’istante quando, all’età di 22 anni, ho scoperto la sua opera.

– Il suo personalismo mi appare sempre attuale. Ricordiamo il suo articolo “Verità e menzogna del comunismo” nel primo numero della rivista “Esprit”, fondata nel 1932 da Emmanuel Mounier, il pioniere del personalismo in Francia. Il personalismo di Berdjaev distingue, in ciascuno di noi, l’individuo (categoria sociale e biologica) dalla persona (categoria spirituale e religiosa). Individui lo siamo, persone lo diventiamo. L’individuo è segnato dalla necessità, la persona dalla libertà. Tale distinzione esistenziale mi pare immensamente preferibile a quella che oppone il corpo e l’anima, un dualismo quasi del tutto estraneo alla Bibbia.

– Berdjaev è avversario accanito di ogni concezione giudiziaria del cristianesimo, di un Dio che intenta un processo all’umanità attraverso la realtà dell’espiazione, della collera divina che esige un riscatto castigando un innocente, del sacrificio di sangue di Gesù che placa la sete divina di vendetta, delle pene eterne che procurano a Dio una felicità consistente nel trionfo di una giustizia crudele. Il Dio di Berdjaev, invece, è un Dio d’amore, un Dio umano: solo gli uomini sanno essere inumani.

– La vocazione dell’uomo creato a immagine di Dio è una vocazione creativa, non una sottomissione passiva a una divinità immobile e impassibile. La nostra vocazione creativa riguarda tutti i campi: affettivo, artistico, culturale, etico, dottrinale, ma anche sociale. Dio ci chiama a un’invenzione creativa, libera e immensa, dei cui atti si può stupire lui stesso. Bisogna che Dio nasca nell’uomo, e l’uomo in Dio, un movimento dialettico che si traduce nella deificazione, la quale unisce Dio all’uomo in una storia incompiuta che non va limitata a Gesù Cristo; è infatti una storia che si perpetua nell’umanizzazione (più che nell’umanità) di un Dio in divenire e nella divinizzazione (più che nella divinità) dell’uomo. Questo presuppone la libera partecipazione dell’essere umano all’opera e al progetto divini. La divinizzazione dell’essere umano sempre in divenire, la sua divino-umanità, è la condizione perché la nostra umanità si realizzi, attratta irresistibilmente da Cristo.

– Il cristianesimo sociale di Berdjaev percorre tutta la sua opera. Dobbiamo prendere coscienza, nell’agone sociale, del dovere creativo che ci è proprio, nella cultura e nella vita sociale. Il suo opuscolo intitolato “La dignità del cristianesimo e l’indegnità dei cristiani” è l’espressione di questa verità fondamentale. Il cristianesimo delle origini si è raffreddato e imbolsito, ed è diventato il cristianesimo storico.

– La sua vita e la sua opera sono segnate da una sorta di anarchismo spirituale. Difensore appassionato delle libertà, uomo in rivolta, ribelle ad ogni autorità, alle idee piatte e confortevoli, alle convenzioni, alle ortodossie consacrate, tanto religiose quanto politiche. È stato avversario delle banalità, della sottomissione alla grigia quotidianità sociale, di quello che viene chiamato “lo spirito borghese” che può accalappiare chiunque, a prescindere dalla classe sociale. Alcuni lettori si sentiranno prossimi a questo atteggiamento e al suo anticlericalismo viscerale, nel quale possiamo riconoscere la sua opposizione a realtà ecclesiali spesso sterili e vuote: si uniranno allora alla sua lotta per una vita religiosa dal carattere profetico inseparabil

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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