Di André Gounelle
pastore, professore onorario all’Istituto protestante di teologia di Montpellier, è autore di numerosi libri e collaboratore di Évangile et Liberté da 50 anni.
traduzione Giacomo Tessaro
Hannah Arendt ha scritto che solo le “persone buone” hanno la capacità di avere una cattiva coscienza; esse hanno delle preoccupazioni e delle esigenze morali che le conducono a valutarsi e misurare il divario tra ciò che sono e ciò che dovrebbero essere. Invece, le “persone veramente cattive” hanno generalmente una “buona coscienza”; non si pongono interrogativi o dubbi su se stesse, sono soddisfatte di se stesse. Lungi dall’accusarle, la loro coscienza le conforta.
La priorità dell’uomo politico (è il suo destino, a cui non vedo come potrebbe sfuggire, soprattutto alla vigilia delle elezioni!) è l’immagine che dà di sé, egli è in evoluzione su un palcoscenico dove interpreta un ruolo, incarna un personaggio. La spiritualità o “l’anima”, al contrario, si forgia in ciò che Arendt chiama “il dialogo silenzioso tra me e me stessa”, che al cristiano evoca il “segreto” di cui parla Gesù a proposito della preghiera, il momento in cui si è di fronte a Dio.
Cattiva coscienza etica che esamina se stessa per riconoscere i suoi difetti e le sue insufficienze; buona coscienza del politico che osserva gli altri per affermare la sua giustizia e giustificarsi di fronte a loro. Sarebbe catastrofico se l’afflato etico rendesse incapaci di azioni pubbliche, o se le azioni pubbliche soffocassero l’afflato etico; sarebbe però buona cosa se la cattiva coscienza etica intervenisse a scuotere e disturbare la buona coscienza politica, così sicura di se stessa.
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