Di James Woody
pastore della Chiesa Protestante Unita di Francia a Parigi e presidente di Évangile et Liberté, l’associazione protestante liberale.
Traduzione di Giacomo Tessaro
Non salveremo il mondo. Coloro che hanno voluto salvarlo sono quelli che hanno sprofondato l’umanità negli abissi dell’orrore. Coloro che si fingevano salvatori non facevano altro che prendere a prestito le apparenze del messia per dissimulare il loro odio larvato verso ciò che fa l’umanità: l’alterità, la pluralità, la capacità di mettersi in discussione, la fratellanza, la non sottomissione dell’individuo e la sua vocazione alla libertà. Dicevano di voler emancipare l’Uomo queste guide, questi piccoli padri dei popoli, questi leader che non brillavano per il loro amore verso il prossimo, che suonavano il piffero per incantare le folle, per renderle schiave della loro follia.
Il racconto di Pentecoste, che segue la Pasqua, offre un’alternativa a tale messianismo di massa (Atti 2). Pentecoste racconta di come i discepoli di Gesù si assumono le loro responsabilità e divengono apostoli, scoprendosi capaci di andare all’incontro dei pellegrini stranieri venuti a Gerusalemme, scoprendosi capaci di relazioni interpersonali. La comunicazione si svolge a livello individuale: ognuno è stupito quando sente parlare delle meraviglie di Dio nella sua lingua. Nel primo periodo della Chiesa non è dunque il mimetismo che converte le persone, è la potenza della testimonianza personale, è la parola offerta al singolo nel rispetto dell’interlocutore, raggiunto parlando nella sua lingua, vale a dire nella sua cultura e nelle sue aspettative. La fede cristiana ci preserva dalla volontà di salvare il mondo imponendo, costi quel che costi, la nostra concezione di vita buona. La fede cristiana ci rende capaci di prendere sul serio ogni persona che incontriamo e di aggiungere, alla sua visione del mondo, il nostro modo di parlarne. È in questa differenza che cominciamo a essere fuori da noi stessi, a esistere.
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