Di Louise Thunin*
Traduzione di Giacomo Tessaro
Tratto da Évangile et Liberté n° 289, maggio 2015
È paradossale come la parola “silenzio”, che mi interpella ad alta voce, indichi l’assenza di discorsi. Assenza di rumori, di suoni, di musica e di tutto ciò che potrebbe distrarmi, non solo all’esterno ma anche nella mia mente, dove si agitano i pensieri. Quel fracasso là fuori può essere assordante, inestinguibile, spossante, ma hai voglia a dire alla tua mente-che-pensa: “Taci e falla finita!”. Siamo talmente storditi di idee, di concetti, di ragionamenti, che l’umile silenzio non sa più come spiegare la sua pagina bianca per ricevere ciò che la nostra anima può scrivere di vero, di essenziale, di amorevole.
Sì, il silenzio sta al suono come la pagina vergine sta allo scritto, come lo Spirito sta alla sua manifestazione. Chi potrebbe separare lo scritto dalla pagina? Sono una cosa sola. Così, il silenzio al quale possiamo avere accesso attraverso una via interiore fatta di calma e di attenzione non è un vuoto o un nulla, ma un pozzo di potenzialità. Quel silenzio abita in noi prima che noi abitassimo in esso. Ci precede e ci chiama. Se accettiamo l’invito, il silenzio ci accoglie e ci feconda.
E allora Dio solo sa cosa può accadere: silenzio, si gira!
* Louise Thunin, nata nei dintorni di Manhattan, ha pubblicato in inglese e in Francia numerosi libri e racconti. Membro della parrocchia riformata di Le Mans, è cappellana carceraria.
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