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Perché sono ancora cristiano?

È la domanda che si pongono soprattutto i cristiani di una certa età, che vedono figli e nipoti rifiutare la fede o rimanere indifferenti

 

Di François de Vargas

 

Traduzione di Giacomo Tessaro

 

Il problema non si poneva quasi mai all’inizio del XX secolo. Si era cristiani perché si riceveva un’educazione cristiana. Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, vi sono state tante scoperte scientifiche e storiche, tanti incontri con atei, ebrei, musulmani, buddhisti etc. che è impossibile non porsela. Si può essere cristiani senza rifiutare chi non lo è o non lo è più? E poi, come rimanere credenti di fronte all’abominevole sofferenza del mondo?

 

Dopo una carriera dapprima consacrata agli studi di teologia, poi allo sviluppo dei diritti dell’uomo, ho cercato, in una breve opera*, di esprimere ciò a cui non posso più aderire dell’insegnamento cristiano tradizionale: il peccato originale, la salvezza attraverso il sacrificio di Cristo riservata a coloro che credono in lui, l’efficacia della preghiera, l’onnipotenza di Dio, le spiegazioni semplicistiche del male. Ho constatato anche che la fede dei cristiani si è sempre sforzata di rispondere alle sfide delle grandi correnti di pensiero di ogni epoca: la filosofia greca all’epoca dei grandi concilii, il timore dell’inferno nel Medioevo e all’epoca della Riforma, le idee dei filosofi illuministi, della Rivoluzione francese e di quelle comuniste; ho constatato che si è modificata per integrare le grandi scoperte scientifiche (nel campo dell’astronomia, della biologia, della storia, della psicologia). La fede cristiana c’è sempre stata, ma ha assunto delle forme molto diverse.

 

Nonostante tutto questo rimettere in discussione, io ho delle profonde ragioni per rimanere cristiano. Innanzitutto perché appartengo alla cultura occidentale segnata dal cristianesimo, una cultura che, a dispetto dei suoi abusi – forse proprio grazie ai suoi abusi – ha saputo mostrare le piste attraverso le quali l’umanità può diventare migliore. Poi c’è la mia meraviglia di fronte al mistero dell’esistenza del mondo, che mi impedisce di credere che sia il risultato del caso, e il fervore ispiratomi dall’arte cristiana, dalla musica cristiana, dalla pittura, dalla letteratura cristiane. Infine, perché ogni essere umano ha bisogno di appartenere a una comunità, e ogni comunità ha bisogno di riti. Per quanto possano essere criticabili, i riti cristiani mi offrono una struttura. Ma soprattutto perché ogni essere umano ha bisogno d’amore, e la fede cristiana (che ha anche scatenato torrenti di odio) mi offre una rivelazione d’amore sfolgorante nella persona di Gesù Cristo, che rende possibile il perdono senza il quale l’umanità corre verso la catastrofe.

 

Tutto questo non mi spiega perché ci siano tante sofferenze, non mi spiega la creazione, non giustifica l’intolleranza, non convincerà chi aderisce ad altre convinzioni. Ma mi fa vivere e amare e mi dà la forza di continuare a lottare. Con gli altri, non contro gli altri.

 

* “Chrétien quand même?”, Éditions Ouverture, 2013

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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