Dicano sì o no, taglino corto, e si ricordino soprattutto che “Dio vomita i tiepidi” (Apocalisse 3,16). Ma il protestantesimo – dobbiamo ricordarlo? – non possiede né magistero né autorità. Possiede una Bibbia, letta, commentata, discussa, nei giochi di luce e d’ombra dell’esistenza umana, dell’attualità del mondo, delle scienze, delle arti e delle tecniche. È il genio e la sfida permanente del protestantesimo. A Dio solo la gloria! Non c’è più nessun dio e nessun maestro a tirare le fila! Ognuno di noi è rinviato alla sua coscienza, al dovere di esaminarsi. È arrivato il tuo turno, il mio turno, di alzarsi, di prendere la parola e di trovare la propria voce/via. Dalle Chiese bisogna liberarsi quando queste si credono l’Evangelo e prendono il nostro posto! È uno dei più bei paradossi del protestantesimo! Le Chiese sono necessarie, ma per insegnare ciò che le rende relative e secondarie: l’Evangelo che le fonda e le anima. Non vogliamo delle Chiese che pensano al nostro posto, perché le Chiese siamo noi! Spetta a noi predicare la salvezza di tutti, di fare così Chiesa, perché ciascuno possa avere fiducia in se stesso e pensare da se stesso! Alle Chiese, a noi, confessare che Cristo è un appello a trasfigurare il mondo per insegnarci a resistere alle negatività della storia! Sì, noi vogliamo dalle Chiese, non che si impegnino al nostro posto, ma che ci riportino all’essenziale: un Evangelo che ci convoca, ci chiama e ci dà la parola!
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