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La preghiera che disturba

La costruzione del discorso è un po’ complicata ; non si sa se l’amico disturbato nel suo sonno apra o no la sua porta, finalmente. Per capire, bisogna ricordare le regole dell’ospitalità nel Medio Oriente del tempo : la famiglia e gli amici, qual che sia l’ora e per tutto il tempo necessario, vanno sempre accolti. Sarebbe un disonore completo di non aprire la sua porta, di non offrir da mangiare, di negare il dono di un paio di pani. Sarebbe una vergogna !

Per questo la frase « se uno fra voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice : Amico, prestami tre pani » deve essera compresa nel senso « potete immaginarvi che uno tra voi abbia un amico, che vada a casa di quel tale per chiedergli tre pani… e che finalmente l’amico rifiuti di aprirgli la porta ? No, non è possibile immaginarselo ». E al resoconto dei fatti segue un commentario attribuito a Gesù in questi termini : « Quand’anche non s’alzasse a darglieli perchè gli è amico, pure, per la importunità sua, si leverà e gliene darà quanti ne ha bisogno », tanto per dire che anche se colui che è al letto non ha voglia di aprire, lo farà lo stesso perchè l’altro è stato più che coraggioso, si è spostato nel pericolo della notte, e la tradizione della ospitalità lo obbliga ad aprire.

Si tratta dunque della preghiera di un amico ad un amico, e uno dei suoi significati è : anche se un uomo rinchiuso nella sua casa e disturbato nel più profondo del sonno accoglie la domanda del suo amico, tanto più Dio, la cui bontà è di molto superiore, accoglierà le vostre domande. La preghiera a questo amico mira ad illuminare i lettori di Luca sulla preghiera a Dio. Costoro devono essere sicuri che Dio li sentirà, anche se disturbano, anche se Dio si riposa, anche se ha chiuso la sua porta. Se l’amico si alza, per rispettare le regole della ospitalità, a fortiori Dio, che è l’ospitalità per eccellenza, si alzerà e si prenderà cura dell’amico dell’amico.

Però la parte principale del messaggio di Luca è altrove. Perchè per lui la preghiera si fa in tre. Non si prega per se, ma per un altro ; perchè un altro ha bisogno di qualcosa. La preghiera non si esprime nell’ambito chiuso della relazione personale con Dio, ma in uno spazio aperto ai bisogni degli altri, di quelli che bussano alla nostra porta. Questo rapporto a Dio si radica nella vita sociale, nel rapporto al fratello. È aperta sul mondo. Non val la pena di disturbare Dio se è soltanto per se stesso. Siate invece certi di essere ascoltati e esauditi soprattuto se si tratta di soccorrere colui che è arrivato tardi e sarebbe felice di trovare un pezzo di pane da mangiare.

Eppoi la preghiera non consiste nel correre subito a disturbare Dio perchè un amico ha un problema. Diventa ragionevole pregare soltanto dopo essere stato se stesso disturbato, dopo aver aperto la porta, dopo aver costatato l’impossibilità di soddisfare l’amico con i propri mezzi. La preghiera prende senso allorchè ci rendiamo conto di non poter più offrir soccorso con i propri mezzi.

È dapprima un distrubo, una uscita nella città all’ora più pericolosa della notte, una tto di coraggio, di breavura. Uno spostamento temerario in direzione di colui di cui sappiamo per certo che avrà del pane, che si alzerà e aprirà la sua porta. Non porta dunque su domande insensate, illusorie, ma piuttosto su richieste ragionevoli, che entrano nel campo del possibile. Lo spostamento è coraggioso, ma la preghiera è ragionevole. E forse possiamo essere tanto più certi che le nostre preghiere saranno ascoltate e esaudite quanto più saranno coraggiose e ragionevoli.

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