Dio

Dire che Dio è il creatore del cielo e della terra fa pensare al cosmo e all’ecologia. Preferisco questa definizione a quella di un « puro spirito buono e potente », che allude piuttosto a un improbabile fantasma e lo presenta come un essere celeste il quale agisce e interviene allato e in più di tutti gli altri esseri del mondo. Mi pare anche preferibile alla menzione di una strana « Trinità » che lo rigetta in un aldilà impossibile da capire.

Parlare di Dio creatore è anche preferibile al farne un inquietante maestro di morale che minaccia punizioni – magari anche eterne – e esige umiliazione e pentimento. O un onnipotente facitore di miracoli che distribuisce – troppo raramente – i suoi interventi sovrannaturali. E’ poi naturalmente meno avventuroso che di affermare una providenza incaricata di dirigere il corso della storia verso il migliore dei mondi possibili.Nel 2006 il vescovo episcopaliano (anglicano) americano John Spong scriveva quanto segue: °Prima di Copernico, Kepler e Galileo, la gente si rappresenteva Dio come una presenza sovrannaturale al disopra del mondo naturale.

°Prima di Isaac Newton, si pensava che Dio viola le leggi dell’universo per fare miracoli e esaudire le preghiere.

°Prima di Darwin e Freud, si concepiva Dio come un genitore celeste fuori dal mondo e creatore.

°Prima di Einstein, la gente era sicura che quei concetti erano oggettivamente veri e non andavano sottomessi alla nozione di relatività che è connaturale allo spirito umano nella misura in cui lo spazio e il tempo nei quali viviamo sono relativi e non assoluti.

Ogni tentativo di definire Dio è semplicemente un tentativo umano di esprimere una esperienza umana del divino. Quando parlo di Dio, non faccio altro che parlare della mia esperienza di Dio. Non dico che cosa è Dio, dico solamente quello che credo essere la mia esperienza di Dio.

Non percepisco Dio come una forza sovrannaturale, esterna, che interviene nella storia del monde, e non credo che sia giusto concepirlo così.

Il problema è che la più gran parte della gente ha così tanto identificato questa definizione di Dio con Dio stesso che, quando questa definizione perde in credibilità nella misura del progresso delle nostre conoscenze, hanno l’impressione che Dio stesso è morto.

Non mi sforzo dunque di costruire una nuova definizione di Dio ma semplicemente di condividere la mia esperienza. Nella verità della mia coscienza, nel più profondo della mia vita e nei limiti del mio pensiero, credo nella trascendenza che ho incontrata, nella vita che essa mi dà, l’amore che sveglia in me, e il fondamento del mio essere che mi rivela. La chiamo Dio. E’ per me la sorgente della vita, dell’amore, e il fondamento dell’essere.

Posso parlare della mia esperienza, ma siccome non dispongo che di parole umane, non posso verament parlare di Dio. I cavalli fanno l’esperienza della presenza umana nella loro coscienza di cavalli. Ma un cavallo non potrà mai dire a un altro cavallo che cosa significhi essere umano. Sembrerebbe che molta gente non ha realizzato che nello stesso modo gli uomini non possono verament conoscere nè spiegare il divino.

Non so come Dio agisce e non posso dunque pretendere di dirlo. Se mi permetessi di insegnare come Dio interviene e perchè non lo fa, parlerei di quello che ignoro.

Me lo ripeto ogni giorno e abbandono molte credenze. Cammino nel mistero di Dio e la mia fede si approfondisce. Sono un mistico in ricerca, sempre insoddisfatto, sempre in evoluzione.

Questa attitudine mi pare dinamica e creativa. Dona senso alla mia vita e a tutte le cose. Ve la raccomando.

(Lettera pastorale della diocesi di Newark, agosto 2006)

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