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“Io sono”

Ricordiamo due avvenimenti che concernono Dio. In principio, egli crea attraverso la parola, e per due volte benedice: gli animali, esseri viventi della terra, del cielo, dei mari, poi l’uomo. La benedizione che viene da Dio è fonte di vita: se vi è vita, è perché vi è benedizione. D’altra parte Dio stesso si definisce di fronte a Mosè e al suo popolo come un Io sono, il suo essere legato alla “vita”. Se vi si domanda di presentarvi, di rispondere alla domanda “chi sei?” risponderete “io sono”. E dietro a questo “io sono”, secondo la vostra cultura, la vostra educazione, la vostra sensibilità, vi definirete in rapporto alla vostra famiglia: figlio o figlia di…,padre o madre di…,marito o moglie di…; o secondo la vostra posizione sociale, il vostro lavoro o le vostre competenze: descrivendo la vostra funzione, il vostro impiego o la posizione nell’impresa che vi impiega…in breve, tutto ciò che potrete dire, nella vostra frase, seguirà il: “io sono”. Questo verbo essere che designa bene la vita, la forza della vita. Ma questa vita che presenterete agli occhi degli altri, che porterete alla loro conoscenza, potete dipingerla in due maniere: nella sua verità brutale, o nella verità dei vostri desideri, dei vostri sogni, semplicemente come uno scenario che vi permette di nascondere agli altri, ma anche a voi stessi, la verità brutale della vostra vita. E questo è ben comprensibile: così spesso sogniamo di essere compresi e accolti facendo ignorare agli altri ciò che sappiamo in realtà di noi stessi. Cercare di assomigliare a questa immagine che non è noi, non è la via per accettarci nel nostro “io sono” quale esso è. Questo “io sono” è sostenuto dalla benedizione originale di Dio sull’uomo, dal suo amore incondizionato verso ciò che siamo, nella nostra verità. Ogni incontro di Gesù con chiunque, si basa su questo: l’importante non è che Gesù conosca i fatti della vita dell’essere incontrato, o che questi inizi una pratica di confessione per essere perdonato e accedere alla salvezza (quale?). L’importante è che l’essere incontrato non nasconda a se stesso chi è, che acceda al proprio discorso di verità. Un tale discorso, riconosciuto come veritiero da Gesù, permette che tra i due circoli la verità. E questa verità raggiunge l’unico spazio di preghiera verso Dio: una preghiera in spirito e verità. La verità nuda, cruda, riconosciuta e detta da ciascuno lo introduce in una vita che non è creazione teatrale agli occhi di Dio o del mondo, o cortina per nascondere il proprio malessere. Non può esistere malessere nella verità perché essa è la vita ove Dio attende l’uomo. Dio e Cristo portano avanti la stessa battaglia con e per ciascuno di noi: quella per portarci alla nostra verità, a ciò che dobbiamo diventare con il loro aiuto, la loro presenza in noi e al nostro fianco, attraverso l’esistenza in mezzo ai nostri fratelli. Così, la via che va dalla benedizione della vita donata da questo Dio, che si definisce lui stesso unicamente per il fatto che “è”, alla realizzazione del nostro essere in verità è illuminata, guidata dalla luce dell’insegnamento di colui che aveva compreso che anch’egli viveva nel “io sono” di Dio. Questo faro, Gesù, è solo? Le donne e gli uomini che non l’hanno avuto sul loro cammino sono perduti per sempre, lontano dalla via di ogni salvezza (quale?) ? Contraddirei la mia fede e la mia speranza in Dio se rispondessi positivamente ! Per me, ogni essere che pone i valori della vita, del rispetto, della responsabilità verso il fratello, come costitutivi della sua vita -anche se non professa alcuna fede- è un essere abitato da Dio, chiamato da lui, rivolto verso di lui. Ma forse, con questa convinzione, contraddico il linguaggio istituzionale della Chiesa?

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