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Un cristianesimo ragionevole

Cominciamo col ricordare i valori del protestantesimo liberale. Non sarebbe eccessivo dire che ne esistono altrettanto forme quanto sono numerosi i protestanti liberali, visto che essi giustamente sono liberi di pensare quello che a loro pare buono e non sono sottomessi a una dottrina dominante. Però ritroviamo tra loro certi tratti comuni dovuti al fatto che la Bibbia è al centro del loro modo di concepire il cristianesimo, e che una comprensione onesta e rigorosa del senso degli scritti che contiene non permette di accettare tutte le speculazioni sviluppate dalle Chiese.Evangelo e libertàEcco due solidi punti d’appoggio. Evangelo, perchè qui sta la nostra radice culturale, presa nel senso lato di tutta quella buona notizia che ci viene trasmessa, da tempi immemorabili, dalla Bibbia, e che fu rinvigorita da un certo GesÙ di Nazareth. Libertà, perchè è diventato assurdo nel nostro tempo di voler imporre un modo di credere. La storia dimostra del resto che, fuori dal cirtianesimo o nel suo interno, coloro che hanno voluto imporre delle credenze erano infatti troppo spesso guidati da pensieri di potere. La libertà di pensiero va con la libertà stessa. Permette al pensiero religioso di seguire l’evoluzione della cultura e del sapere e di adattarvisi. Se il pensiero è rinichiuso in dogmi formulati tanti secoli or sono, una volta per sempre, e valevoli dapertutto e per tutte le epoche, non può più parlare alla gente che vive oggi.

In effetti, se si vuole che il pensiero religioso possa non essere in rottura con la cultura contemporanea, bisogna che sia libero di progredire, di adattarsi allo scorrere del tempo che modifica senza sosta la nostra visione del mondo e degli umani. Non deve rimanere attaccato a formulazioni magari utili in un dato periodo, ma che sono diventate incomprensibili oggi e che per altro hanno talvolta delle radici bibliche molto discutibili.

Non esiste nel campo religioso alcuna verità assoluta, valevole sempre e dapertutto. L’apostolo Paolo, primo teologo cristiano, ha scritto delle lettere legate alle circostanze del momento. Rispondevano generalmente a questioni precise poste dai suoi corrispondenti. Paolo non intendeva formulare delle verità destinate a durare nei secoli per la semplice ragione che credeva la fine del mondo imminente. Ogni tanto poi, da una lettera all’altra egli si contradice; ed ecco che alcuni vogliono guardare tutti i suoi scritti come verità assolute. Ecco che basta a scoraggiare molte persone ragionevoli. Le verità sono relative, legate a una cultura, a un’ epoca, a individui che possono sbagliare, a credenze esse stesse fluttuanti e incerte. Il cristianesimo ha fin troppo assolutizzato il pensiero, spinto le affermazioni fino a renderle incredibili.

Stavo di recente visitando una chiesa e lessi su un muro che Gesù non aveva mai peccato. Effettivamente questo è un dogma fondato su alcune frasi dell’apostolo Paolo. Ma che cosa ne sapeva Paolo, egli che appunto non ha conosciuto Gesù e non si preoccupava per niente di sapere come era vissuto? Proviamo ad essere ragionevoli. Paolo non ha mai incontrato Gesù in carne e ossa, neanche lo ha seguito un passo dopo l’altro per verificare se non gli accadeva di peccare ogni tanto. Dove i vangeli, che parlano essi del Gesù terrestre, ci dicono tale cosa? Le Chiese non dovrebbero affermare ciò che, per la natura delle cose, è molto discutibile.

La teologia liberale è accusata di « relativismo » dai suoi avversari. Perchè per lei non c’è più niente che sia sicuro e le grandi verità di sempre sono relativizzate: la risurrezione dei corpi, la divinità di Gesù, l’esistenza dell’inferno, l’onnipotenza di Dio, l’incomprensibile suo bisogno di versare il sangue del proprio figlio per salvare l’umanità, ecc. Una volta tanto hanno ragione, questi avversari! Il liberalismo consiste a relativizzare, a non considerare come verità primordiale ciò che Gesù non ha mai detto. Dio stesso è relativo. Cioè il modo di pensarlo, di parlare di lui, è relativo all’epoca, alla persona che si esprime. Nella Bibia si trovano del resto innumerevoli figure di Dio.
La ragioneLa libertà del pensiero era una esigenza fondamentale dei Riformatori. Ma se la volevano per se stessi, non sempre l’hanno lasciato fiorire per i loro contemporanei. Per tanto si deve vigilare molto scrupulosamente a mantenere la libertà di pensiero per altrui. Per conto mio rispetto le idee sul cristianesimo anche quando differiscono dalle mie, per esempio quelle difese dai protestanti detti « evangelicali » o sostenute dai rami cristiani più antichi. Ma difenderò sempre l’idea che ci deve essere, nella moltitudine dei cristiani e dunque anche nella Chiesa, uno spazio per coloro che non vogliono abandonare la ragione quando si mettono all’ascolto del messaggio cristiano e cercano di viverlo. Questa è la libertà che domando per me, rifiutando di ammettere che le idee ragionevoli, per non dire razionali, non hanno niente a che vedere col cristianesimo. Lo diceva già Averroè (vedi più avanti), la ragione è dono di Dio, la rivelazione viene da Dio, dunque non si possono opporre.

Il nostro cristianesimo non deve sentirsi in imbarazzo di fronte al progresso delle conoscenze, della scienza, della psicologia, della filosofia, ecc. Molti liberali sono attacatissimi al proposito di non opporre ragione e religione, e di permettere che uno spirito razionale non provi difficoltà a essere o restare cristiano. Se oggi molti cristiani sono attratti da un certo fondamentalismo, ne contiamo dieci volte tanti che hanno lasciato la religione perchè il cristianesimo era diventato difficilmente conciliabile con lo stato delle nostre conoscenze scientifiche. Bisogna spiegare a queste persone che con una buona lettura della Bibbia le fondamenta del cristianesimo possono benissimo andare d’accordo con uno spirito razionale e sono adirittura indispensabili ai necessari progressi della nostra società. Chi può farlo meglio dei crisitani liberali ? Con Albert Schweitzer e tanti altri liberali, penso che il ruolo della religione non è di spiegare il mondo ma di renderlo migliore. Il cristianesimo ne è capace, in virtù della forza del suo messaggio etico che domina nei vangeli e persino nelle epistole di Paolo, senza obbligarci costantemente a credere in fenomeni sovranaturali, i quali non possono avere al secolo ventunesimo il senso e la portata che avevano all’origine.

Rispetto il pensiero altrui, anche opposto al mio; però nella grande diversità di forme del pensiero cristiano, abbiamo due punti di riferimento per intenderci: la Bibbia e il rigore col quale la leggiamo, il rigore della ricerca e dei ragionamenti che l’accompagnano.
Fedeltà alla Bibbia Allora, diranno alcuni, questo introdurre la ragione nella lettura biblica, questo adattare senza tregua il pensiero cristiano alla cultura contemporanea, ci porta a dimenticare la fedeltà alla Bibbia, per via della distanza presa con la lettera del testo, con tutti i miracoli e altri fenomeni incredibili. Rispondo: no, tutt’al contrario. Su questo punto, è necessario procedere a un piccolo richiamo storico.

Al seguito dello choc provocato dall’Illuminismo, certi pensatori estranei al mondo ecclesiastico cominciarono a dire che la Bibbia non doveva essere considerata come dotata di uno statuto speciale, al disopra degli altri libri, infallibile perchè sacra, particamente dettata da Dio stesso. Stimavano invece che era stata scritta, come gli altri testi antichi, da uomini che esprimevano le loro idee con il loro ingenio e le loro debolezze, che erano immersi in una cultura del meraviglioso, e presentavano tra loro delle incoerenze e delle contraddizioni. Per tali pensatori, la « critica storica » applicata ai testi profani andava applicata ugualmente ai testi « sacri ». Significava situare esattamente i libri nel loro tempo e luogo, nella loro cultura, e finalmente nella loro storia. Per capire bene un testo biblico, bisognava fare questo lavoro di rimessa in situazione e chiedersi ciò che l’autore, là da dove scriveva, aveva voluto esprimere e perchè. Reazione furiosa del mondo ecclesiastico, cattolico e protestante, che perdeva il monopolio dell’interpretazione della Bibbia, dunque dell’insegnamento, e finalmente dell’autorità. E’ stato necessario che le scuole di teologia liberale tedesche del Novecento si impadronissero della questione e la trattassero con cura per progredire enormemente nella conprensione dei testi biblici. Oggi la critica storica è ammessa e praticata da numerosissimi teologi cattolici e protestanti, all’eccezione dei rami fondamentalisti delle nostre Chiese. Ha permesso di spiegare i testi in un modo del tutto nuovo e molto più approfondito. I miracoli non sono più un problema da molto tempo: sono il modo di parlare di un’epoca, che si radica nella mitologia ambiente. Non bisogna confondere il linguaggio con l’insegnamento che vuole trasmettere.

Gli autori dei vangeli facevano dell' »impressionismo » come sovente gli autori di questa epoca, come anche Van Gogh, Monet ecc. Questi pittori si servivano di colori surrealisti, che non avevano niente a che vedere con la realtà, perchè volevano comunicare delle impressioni, delle verità al dilà della verità.

Ernest Renan era un fervido partigiano della critica storica e quando vide che la sua Chiesa non ne voleva sapere nulla e continuava a dare per veri molti dogmi senza alcuna razionalità nè fondamento biblico solido, abandonò gli studi che lo portavano al sacerdozio, restando però saldo nella sua fede. Scrisse una Vita di Gesù (1865) che allora fece scalpore ma sembra oggi molto saggia,

Il liberalismo teologico non è nato ieri, perchè in tutte le epoche e in tutte le religioni le tendenze innovative si sono opposte alle tendenze conservative. E le tendenze razionalizzanti si sono oposte alle tendenze irrazionali. Ricordiamo tre esempi di tali opposizioni.
Un cristianesimo che non si appesantisce troppo sulla risurrezione Al primo secolo, nonostante ciò che le Chiese hanno voluto far credere, diverse forme di cristianesimo si dividevano lo spazio. Citiamo dapprima le lettere dell’apostolo Paolo che lamenta il fatto che certi « sommi apostoli » (II Cor 11,5) vengano dopo di lui nelle Chiese che ha fondato per annunciare un Evangelo diverso dal suo. Rimprovera vivamente la stessa cosa ai Galati (Ga 1,6-8). Oggi si conosce un pò meglio quel giudeo-cristianesimo tanto criticato dall’apostolo. Era un ramo del cristianesimo che conservava di Gesù il ricordo di un savio, di un insegnante che chiamava a cambiare mentalità, a convertirsi nel senso di una vita aperta al prossimo, alla difesa dei più poveri e alla compassione per i sofferenti. Quel Gesù dava col suo modo di vivere l’esempio di un tale decentramento a favore degli altri. Si può trovare il Regno di Dio attraverso questa « giustizia superiore alla legge », per dirla come Matteo. Per il cristianesimo giudaizzante, morte e risurrezione di Gesù non erano elementi centrali della fede, tanto meno la risurrezione dell’uomo mortale ordinario.

Invece, il cristianesimo molto più ellenizzato di Paolo capisce la salvezza del cristiano attraverso la croce e la risurrezione di Gesù e non si preoccupa tanto di quello che ha potuto fare durante la sua vita.

Abbiamo così una teologia della croce e della risurrezione che si oppone a una teologia della parola e della compassione. La prima, con la teologia della morte espiatoria di Gesù che ne è derivata, non è del tutto razionale. Difetta invero totalmente di logica: perchè dunque Dio avrebbe avuto bisogno della morte di Gesù per salvare l’umanità? Dov’è la sua famigerata onnipotenza? Oggetivamente non ha veramente bisogno del sangue di Gesù crocifisso. Al contrario, la seconda teologia possiede una logica interna: la cosa di cui il mondo, di oggi e di ieri, ha realmente bisogno è di più etica e di più considerazione per il prossimo.

Per fortuna i vangeli delle nostre bibbie, i sinottici per primi, hanno saputo fare la sintesi di queste due correnti cristiane, dando un ampio spazio all’insegnamento di Gesù a favore dei marginali e dei più poveri. Altri vangeli, testimoni di un insegnamento etico senza accenni alla risurrezione, sono come per caso scomparsi (vedasi il Vangelo di Tommaso, ritrovato nelle sabbie del deserto d’Egitto nel 1948 soltanto; oppure il testo ipotetico detto « sorgente dei logia », o « sorgente Q », sulla quale si sarebbero fondati Matteo e Luca per redigere il loro testo).
Gesù diventa DioLe tendeze razionalizzanti si sono manifestate ancora durante il secondo secolo in reazione a certi pensatori cristiani che proclamavano Gesù Dio. Questa idea appare nel Nuovo Testamento solamente nei libri più recenti della fine del primo secolo. Ma si è fatta progressivamente più presente sotto l’influenza delle mitologie greche che mischiavano facilmente uomini e dei e avevano preso dall’Egitto il concetto di semi-dio. Finalmente il famoso teologo Arius si oppose apertamente a questo miscuglio dei generi, ricordando con citazioni bibliche che il Cristo era un uomo adottato da Dio nel momento del battesimo. Dunque un figlio subordinato al Padre, perchè creatura del Padre. Arius fu condannato durante il concilio di Nicea nel 325 per la volontà dell’imperatore Costantino che si annunciò deciso a destituire tutti i vescovi opposti a votare la condanna di Arius. Ciò nonostante la maggioranza dei vescovi orientali continuavano a pensare come lui malgrado il loro voto poco coraggioso a suo disfavore. Ci vollero concilio dopo concilio, destituzione dopo destituzione, per permettere infine alla grande Chiesa, con l’appoggio di un altro imperatore un secolo e mezzo più tardi a Calcedonia, d’imporre la sua posizione – che del resto non tutti i cristiani in Europa hanno adottato, molti dichiarandosi ancora « ariani ».La morte dell’animaDurante il medioevo, grazie all’Islam, la cristianità fu sottomessa una seconda volta all’influenza della ragione; ne ebbe gan timore ma riuscÌ a sgomberarsene con l’aiuto di Tommaso d’Aquino.

Tutto ebbe inizio in Andalusia, nel dodicesimo secolo, quando il grande filosofo musulmano Averroè si fece notare per il suo tentativo di riconciliare la religione musulmana con la filosofia di Aristotele, che lasciava uno spazio ben più importante alla ragione che non quella di Platone. « Il vero della religione non può contradire il vero della filosofia », era solito dire, perchè vengono tutti e due da Dio. Sulla scia dei pensatori razionalisti degli inizi dell’Islam (i Mutaziliti), Averroè reinterpretò tutto il pensiero musulmano sulla base delle opere di Aristotele. La difficoltà era ovviamente la questione dell’anima. In effetti per Aristotele l’anima è assolutamente legata al corpo e quindi muore con lui, ed è una delle ragioni principali per cui prese le distanze da Platone. Per quest’ultimo l’anima è preesistente al corpo e ne è prigioniera finchè non riesca a evadersene per raggiungere Dio. Si capisce perchè il cristianesimo contrattò alleanza con la filosofia di Platone e tentò di dimenticare quella di Aristotele fino a lasciarne disperdere le opere.

Lo sfortunato Averroè che insegnava la morte dell’anima col corpo ebbe molti problemi cn la comunità musulmana e morì in esilio. Ma aveva portato con se il pensiero aristotelico in Andalusia. Così che il vescoco di Toledo aprÌ nella sua città un ufficio di traduzione delle opere di Aristotele che erano sussistite soltanto in lingua araba, ragione per cui erano totalmente sconosciute ai cristiani. Fu per l’Occidente il punto di partenza per la riscoperta del grande filosofo.

Alcuni pensatori cristiani, tali Abelardo, Alberto Magno, Tommaso d’Aquino, ebbero voglia di riconciliare il pensiero di Aristotele col cristianesimo, la fede con la ragione. Per quei sapienti la ragione doveva essere alla base del pensiero e anche della teologia, perchè si esprime all’interno del dominio della fede e la completa permettendole di spiegare tutte la sua ricchezza. La Chiesa si allarmò e condannò le tesi razionaliste di tutti questi nuovi pensatori. Nel seguito Tommaso d’Aquino divenne più moderato e sviluppò un’immensa Somma teologica, molto sofisticata e abilissima, nella quale che stabiliva che la ragione, in fine, resta al servizio, dunque artificialmente prigioniera, del pensiero cristiano tradizionale. Trovò in particolare le buone ragioni per giustificare la sopravivenza dll’anima dopo la morte. In consequenza di chè Tommaso fu canonizzato.

Riassumiamo: un movimento promettente ma una volta di più appiattito dal rullo compressore della Chiesa dominante. Però sussiste sempre qualche cosa di quelle incursioni della ragione nel campo dei sistemi religiosi che lasciano troppo spazio al sovrannaturale.
Una perdita di tempo?Tutti quei vecchi dibattiti sono essi superati? Spesso i miei amici di tendenza teologiga piutttosto tradizionale mi dicono: « Ma perdi il tuo tempo difendendo le idee liberali. Oggi tutti quanti sono liberali nella Chiesa riformata. Non c’è più niente da difendere ». L’argomento tende ad ammettere che queste tendenze liberali erano benvenute dal momento che hanno permesso alla Chiesa riformata di presentare un cristianesimo capace di adattarsi al nostro mondo. E’ vero che dopo la grande ondata che ha ricoperto la Chiesa sotto l’influenza di Karl Barth nel dopo-guerra, un liberalismo amabile si è istallato in modo diffuso nella nostra Chiesa; vedansi i numerosi lettori del nostro mensile. Nondimeno non perdo il mio tempo perchè i cristiani aperti alle idee liberali sono forse minoritari nella Chiesa.

Il vero problema è che molto troppi contemporanei hanno abandonato il cristianesimo perchè ne avevano conservato uno concetto superato, ereditato dalle idee più classiche e irrazionali. Sono quelle che sussistono nella memoria collettiva. Chiedete a qualcuno che si è staccato dal cristianesimo che cosa ne ricorda. Accennerà alla risurrezione di morti, alla divinità di Cristo, ai miracoli, all’onnipotenza di Dio che nella sua grande bontà permette tutte le sofferenze della terra, ecc. E aggiungerà che, non potendo dar fede a tutte queste cose, preferisce impegnarsi in altro campo. E se questa persona conserva tali vecchie idee, è perchè nelle Chiese si recita ancora il Simbolo degli Apostoli, nel quale viene ribadito che Gesù tornerà sulla terra per giudicare i vivi e i morti ma dimentica di citare l’amore del prossimo; si parla di paradiso e di inferno ignorati dalla Bibbia; si dice ancora che il sepolcro vuoto è la prova della risurrezione di Cristo, ecc. E nel frattempo la disoccupazione, la precarietà, l’esclusione, la fame minacciano ancora le nostre società. Giudicare i morti non è veramente un problema attuale!

No, di sicuro non perdo il mio tempo nel prendere parte alla proclamazione di un Evangelo che tiene queste questioni per secondarie, magari per irreali, ma che ritiene essenziale la necessità di preoccuparsi della miseria del mondo, pur restando nell’umile posizione di uno che sa di pesare poco sul pensiero contemporaneo. Però da solo non rimango. Siamo numerosi ad impegnarci con « Evangile et Liberté ».

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