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Sacerdozio universale e democrazia

 Lutero scrive: “ Hanno inventato che il papa, i vescovi, i sacerdoti, coloro che vivono nei monasteri sarebbero chiamati stato ecclesiastico, i principi, i signori, gli artigiani e i contadini stato laico, questa è certamente una fine sottigliezza e una bella ipocrisia. Ma nessuno deve lasciarsi intimidire da questa distinzione, per la buona ragione che tutti i cristiani appartengono veramente allo stato ecclesiastico. “ ( Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, 1520 ) Il trait d’union obbligatorio di un clero stabilito tra Dio e gli uomini era in questo modo soppresso, poiché noi siamo tutti sacerdoti.

Ricordiamo l’alessandrino di Boileau: “ Ogni protestante fu papa Bibbia alla mano. “ Non si tratta, come si fa sovente, di edulcorare questa asserzione assolutamente esatta: il semplice fedele non è meno ispirato e non ha meno potere, nella sua lettura e nella sua interpretazione della Bibbia, del papa o dei vescovi. La sola differenza che esiste tra i cristiani non è quella del loro stato, ma tra differenti ministeri o funzioni. È attraverso il battesimo, secondo Lutero, che noi tutti siamo consacrati sacerdoti. Ma se noi siamo tutti sacerdoti, non ne deriva, per esempio, che siamo tutti pastori. Detto questo, leggendo il Vangelo stesso “ come non avremmo anche il potere [ corsivo nostro ] di apprezzare e di giudicare il vero e il falso nel domino della fede? “, si chiede ancora Lutero.

Bibbia e sacerdozio universale

Mi è sempre sembrato che i testi biblici invocati da Lutero e dagli altri Riformatori per sostenere il sacerdozio universale siano piuttosto esili ( per esempio: 1 Pietro 2,9; 1 Corinzi 12,12-13; Apocalisse 5,10; etc. ) e che corrispondano un po’ a dei testi pretesti. In realtà, il sacerdozio universale è richiesto da un approccio e da uno stato d’animo che caratterizzano in profondità il protestantesimo dal momento in cui la Bibbia, la sua fedele lettura, la sua interpretazione, diventano nostro patrimonio comune.

Se l’affermazione della salvezza per la sola grazia di Dio e non grazie alle azioni umane fu un considerevole sisma spirituale, quella del sacerdozio universale fu una scossa culturale che segnò l’intera società. È a questo sisma spirituale che la tradizione protestante si riferisce quando fissa la festa della Riforma l’ultima settimana di ottobre, in ricordo di quel 31 ottobre 1517 quando furono affisse a Wittemberg le tesi su e contro le indulgenze. È a questa scossa culturale che si avrebbe potuto pensare se si fosse scelto di riferirsi di preferenza al giorno del 1520 quando Lutero bruciò in pubblico la bolla papale che esigeva ritrattazione e sottomissione. Il sacerdozio universale, sopprimendo la divisione tra sacerdoti e laici, desacralizzava d’un colpo tutto il clero e sconvolgeva così una struttura fino a lì decisiva della Chiesa e della società. Riconoscendo un sacerdozio universale apparve improvvisamente nel loro seno una promozione della persona libera e responsabile. “ Conviene che ciascun cristiano [ corsivo nostro ] faccia sua la causa della fede, che comprenda la fede, che la difenda e che condanni tutti gli errori “, scrive sempre Lutero parlando del sacerdozio universale. Questa andava poco a poco a definire quella pietà protestante e individualista così fermamente attaccata al testo di Matteo 6,6: “ Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto. “

Sacerdozio universale e persona libera

L’importanza della libertà personale veniva riconosciuta e promossa dal momento in cui si affermava una comunicazione possibile e diretta con Dio senza passare per il potere e l’intermediazione obbligata di un clero, delle autorità religiose o addirittura di quelle politiche. La fede personale è assai più importante, per il Nuovo testamento, dei riti e delle liturgie, dei gruppi e delle affiliazioni ecclesiali. La Chiesa vi è percepita come riunione e assemblea di persone libere più che come un popolo organico o una società istituzionalizzata. Ciascuno e ciascuna entra in relazione con Dio e in questo modo vive la sua fede in quanto individuo, senza che essa sia in funzione della sua nazione, di una categoria sociale o del sesso: “ Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. “ ( Galati 3,28 )

“ Viva l’individualismo ! “ ha scritto André Gounelle ( Penser la foi [ Pensare la fede ] p. 49-52, edizioni Van Dieren ); il sottotitolo “ La foi insoumise [ La fede ribelle ] “ del libro che io e Raphaël Picon abbiamo scritto insieme sul Protestantesimo ( Le protestantisme, Champs, Flammarion ) afferma ugualmente questa libertà personale del credente. La libertà di coscienza, e, indirettamente, la voce della tolleranza, molto prima di Locke ( 1632-1704 ), Bayle ( 1647-1706 ), del Secolo dei Lumi, era già in germe nel pensiero di Lutero quando dichiarava alla dieta di Worms ( 1521 ) che “ non è né sicuro né onesto agire contro la propria coscienza “ e che quest’ultima è “ schiava delle parole di Dio “. Vediamo già l’alba dei Tempi moderni.

Sacerdozio universale e democrazia

Alain Houziaux scrive: “ La Riforma protestante, rimettendo in discussione la legittimità del papato e affermando il principio del sacerdozio universale dei credenti, ha precipitato l’evoluzione dello Stato verso la democrazia. Essa ha contribuito al riconoscimento della libertà di coscienza […]. “ ( Christianisme et conviction politique [ Cristianesimo e convinzione politica ], Desclée de Brouwer ) Certo, ci sono differenti forme di democrazia e si è sempre più o meno democratici, e in questa o quest’altra maniera; Certo, non successe di colpo e dappertutto, ma corrispose a una lenta maturazione. Ma l’affermazione del sacerdozio universale portava in germe una democratizzazione, una vocazione alla democrazia, che andava a irrigare tutta la società passando per l’universo religioso, che d’altronde era allora inseparabile da quest’ultimo. André Gounelle scrive, pensando alla storia del protestantesimo in Francia, in un’opera collettiva intitolata Démocratie et fonctionnement des Églises [ Democrazia e funzionamento delle Chiese ] ( edizioni Van Dieren ): “ Tanto la monarchia prima della Revoca dell’Editto di Nantes nel 1685, quanto i vari regimi che si succedono nel nostro paese durante il XIX secolo fino alla Terza Repubblica vietano la celebrazione dei sinodi nazionali perché temono l’impatto politico che può avere l’esempio di un’assemblea sovrana che delibera e decide liberamente. Tra il 1660 e il 1872 viene rifiutata ai riformati francesi la convocazione di un sinodo nazionale, e quindi essi non hanno potuto regolarsi secondo il regime presbiteriano-sinodale, perché quest’ultimo odora troppo di democrazia. “

Questo lento tirocinio di democrazia che costituisce la sua storia, questa democratizzazione progressiva hanno condotto il protestantesimo, com’è noto, a delle strutture democratiche che si oppongono a ogni gerarchia di tipo monarchico. Qui la vera autorità non è quella delle autorità ecclesiastiche ma piuttosto quella dei sinodi che raccolgono in parti eguali “ laici “ e pastori, con votazioni accettate da uomini e donne. La democrazia nel protestantesimo siamo noi. Detto questo, la democrazia, consegnando all’individuo una grandissima responsabilità, richiede e suppone una formazione. Non è per caso che la Riforma ha lottato subito per la moltiplicazione delle scuole, per gli studi biblici, le catechesi esigenti, la pubblicazione di opere teologiche nelle lingue di ciascuna e di ciascuno e non più in latino, per i culti nella lingua del popolo e per le predicazioni molto elaborate, esegeticamente parlando. Il culto, d’altra parte, dovrebbe essere non solamente vissuto, ma anche pensato dai fedeli; non è monopolio dei soli pastori.

Se la democrazia nelle Chiese siamo noi, questo significa anche che bisogna lottare contro le tentazioni di divisione che reintroducono, in una maniera o nell’altra, la separazione tra coloro che sanno, e quindi hanno il potere, e gli altri. Tutti teologi [ Tous théologiens ] ( edizioni Van Dieren ) è il titolo significativo di un libro di Raphaël Picon.

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