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Editoriale settembre 2017

Di Jean-Marie de Bourqueney*

Traduzione di Giacomo Tessaro

Tratto da Évangile et Liberté n° 311, settembre 2017

* Jean-Marie de Bourqueney è pastore della Chiesa Protestante Unita a Parigi-Batignolles. Partecipa alla redazione e alla direzione di Évangile et Liberté. Si interessa soprattutto di dialogo interreligioso e teologia del processo.

Dire Dio significa dire il mondo. Troppo spesso il nostro cristianesimo ha auspicato la fuga dal mondo. Al contrario di quanto fa l’Evangelo, questo cristianesimo, con i suoi dogmi e le sue prassi, ha (ri)allontanato da noi quel Dio padre, il quale è una curiosa alchimia tra il padre con la cinghia e Babbo Natale… Eppure basta rileggere i vangeli, anche superficialmente, per scorgervi una scelta radicale, quella dell’essere umano. Il Simbolo Apostolico è una deviazione di fronte a questa scelta iniziale. Rileggetelo: Gesù, appena nato, “patisce sotto Ponzio Pilato” e poi muore! Che triste programma! Come se l’unico scopo di Gesù fosse stato essere oggetto di un sacrificio, o addirittura di un mercimonio tra il nostro mondo e quello remoto di Dio. Questo vuol dire ridurre i quattro vangeli a pochi capitoli, negare gli incontri e i discorsi di un Gesù che ama e insegna, che scuote gli ascoltatori, che trasgredisce ma poi consola. La complessità di Cristo non si riduce alla croce, né alla tomba vuota.

Scegliere il cristianesimo vuol dire scegliere l’umanità di Dio. I nostri amici dell’ortodossia orientale aggiungerebbero sicuramente un tema a loro caro: la “divinizzazione dell’essere umano”. Il cristianesimo che vogliamo difendere non schiaccia ma eleva, non colpevolizza ma libera. Un cristianesimo che non vuole più separare gli affari del cielo da quelli della terra. Siamo chiamati a pensare e agire senza attendere un ipotetico ritorno di Cristo. Se le nostre Chiese a volte si rimboccano le maniche è perché non vivono fuori dal mondo. Dobbiamo pensare la nostra vita personale e intima, ma anche la nostra vita in società, dal punto di vista spirituale e teologico. La città di Dio è anche quella degli uomini. Il piacere e la gioia di Dio non sono come quelli di un monarca assoluto, bensì sono collegati alla felicità umana, ora!

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À propos Gilles

a été pasteur à Amsterdam et en Région parisienne. Il s’est toujours intéressé à la présence de l’Évangile aux marges de l’Église. Il anime depuis 17 ans le site Internet Protestants dans la ville.

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